Rileggere la nostra storia, storia di donne, con gli occhi di oggi è il compito che abbiamo di fronte.
Si avverte la grande responsabilità verso noi stesse, verso noi tutte, verso l’intero Paese di riflettere sul punto d’arrivo di un percorso che ha visto donne italiane e, non solo loro, essere il soggetto del cambiamento e dell’innovazione.
E’ un fatto, ormai universalmente riconosciuto, che il secolo XX è segnato dalla “rivoluzione femminile” che ha modificato nel profondo, costume e cultura, assetti sociali e rapporti interpersonali.
E’ un fatto che l’ingresso delle donne sulla scena sociale ha messo in discussione rapporti di potere consolidati e gerarchie, modelli e ruoli.
Il protagonismo delle donne, la creatività, la carica dirompente del pensiero femminile, l’affermazione di un punto di vista e la pratica della differenza,sono stati gli elementi più significativi della crescita culturale e sociale della società.
C’è un intreccio tra il desiderio di affermare se stesse ed i valori di cui si è portatrici con la necessità di una democrazia compiuta.
Sta proprio qui il nesso inscindibile tra la lunga battaglia di emancipazione e liberazione delle donne e quella per la trasformazione complessiva della società.
In questo senso la storia delle donne italiane è la storia dell’Italia, con le sue luci e le sue ombre.
Ecco perché è arrivato il momento di non “accontentarsi2 più e di recuperare un approccio critico sulla condizione attuale.
Non si tratta di disconoscere passi in avanti compiuti, l’importante legislazione conquistata, le modificazioni culturali intervenute, ma di collocarle in uno scenario più complesso.
La donna oggi riveste ruoli importanti nella società, nelle professioni, nell’imprenditoria,nella finanza, nella cultura, nelle arti..
Tutti, o quasi, ne riconoscono la capacità, la competenza, il valore.
Si può dire che le donne hanno orizzontalmente occupato la scena sociale, ma verticalmente ?
E’ questa la grande contraddizione : nei posti apicali non ci sono donne, o cene sono poche e, quando ci sono è in virtù di una scelta maschile alla quale devono rispondere in ogni momento.
Quante donne sono direttori di banca, Rettori di Università, Presidenti di società pubbliche o private?
Ciò sta a significare che le donne vanno avanti fino ad un certo punto, fino al punto nel quale tutto dipende da loro stesse, dal loro impegno e capacità, dalla loro professionalità e competenza, ma quando entra in gioco la discrezionalità nella scelta si bloccano.
La discrezionalità è ancora ben salda nella disponibilità del potere maschile che, a parità di merito, sceglie quasi sempre un uomo.
Molti sono i fattori concorrenti a determinare tale situazione negativa non solo per le donne ma per l’intera società. Uno do questi, forse il più significativo, è costituito da quella zona grigia che è la politica che tiene ancora lontane le donne dai luoghi in cui si esercita il potere. Ne sono esempio la scarsa presenza delle donne nelle situazioni, nei governi,nei gruppi dirigenti dei partiti.
Non è un caso che nessuna donna sia segretario nazionale di partito, poche donne siedono in Parlamento, poche le ministre, le Presidenti di Regione, le Sindache..
Non va neppure sottovalutata la messa in discussione da parte del governo di importanti conquiste legislative, la disattenzione verso le politiche che favoriscano il lavoro femminile, l’assenza di pratiche e comportamenti che consentano l’accesso delle donne nelle istituzioni.
Se, da ultimo, ma non meno importante, si aggiunge la rappresentazione mortificante dell’universo femminile da parte di illustri uomini di governo, c’è proprio di che interrogarsi.
Rendere irreversibile un processo e condurlo verso quel percorso più alto costituito da una sostanziale democrazia paritaria, condivisa da donne e uomini : questa è la responsabilità che le donne italiane devono sapere assumere.
Nonostante le difficoltà!