Vi è un atto nuovo nella storia di “Casa Nostra” e lo spinta propulsiva per far aprire di nuovo il sipario arriva da gli abitanti delle palazzine che hanno deciso di dar vita a un comitato spontaneo “Risaniamo Casa Nostra” con l’obiettivo di far diventare quella porzione di spazio un modello di una comunità virtuosa. Oggi a distanza da tanti anni dall’abbandono irrompono prepotentemente i cadaveri degli edifici morti, i segni del fuoco, dei vandali, dall’assenza di controllo. Sembra Beirut che restituisce dopo il fracasso di bombardamenti i suoi fantasmi dirompenti mentre in realtà è il cuore pulsante di Messina.
Tra le strade che conducono all’abbandono non acceca solo il silenzio assordante delle istituzioni ma anche il pensiero di cosa avviene la notte: quando le luci che dovrebbero rendono meno impervia la via non ci sono, e la mattina insieme alle prime luci dell’alba risorgono le tracce di chi è passato lasciando una matassa di siringhe. “Queste case sono il frutto del rischio idrogeologico. –racconta Silvestro Bonanno– Vent’anni fa la politica doveva intervenire ma non ha fatto assolutamente nulla. Ora stiamo cercando un confronto con la Regione. Fino a poco tempo fa c’è stato un susseguirsi di promesse non mantenute e proposte di legge che rimanevano ferme sul tavolo di Palazzo Zanca. Adesso abbiamo chiesto un finanziamento. In tre mesi grazie al comitato che abbiamo messo in piedi siamo riusciti a catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica. Questo è un ex consorzio di cooperative che si chiamava “la Casa Nostra” adesso è rimasto il nome Casa nostra per intendere circa mille persone che abitano in 365 appartamenti. Adesso abbiamo un progetto esecutivo redatto già da sette anni dall’ingegnere Puglisi. Di tredici edifici complessivi, sei ne sono state buttati ne rimangono sette. Oggi sono il rifugio di inerti e materiale pericoloso. Noi e Messina Ambiente abbiamo raccolto tutto questo materiale ma deve essere trasferito altrove”. La signora Apicella invece spera davvero che la nuova amministrazione possa fare qualcosa di più concreto: “Un cinque percento è migliorato, perché abbiamo provveduto alla scerbatura. Ora speriamo davvero nell’operato di questo nuovo sindaco. Non è bello vivere la notte qui. L’illuminazione pubblica non funziona. Certo possiamo godere di uno scenario unico perché da qui vediamo tutto lo Stretto di Messina ma sotto rimane lo spettacolo peggiore. A noi non fa paura la sporcizia,ma lo stato di insicurezza che vivono i nostri ragazzi.
Questa è una zona particolare che va tenuta d’occhio. Io sono originaria di Salerno e quella zona è davvero un gioiello. Certo abito qui da 44 anni e mi sento messinese, le mie figlie sono cresciute qui e ritengo che l’incuria non può distruggere la bellezza di questa città che dovrebbe diventare patrimonio dell’Unesco. Certo prima i palazzi non versavano in questo stato di degrado. Ma negli anni di abbandono chi veniva scaricava. Ci hanno lasciato anche l’amianto, che fortunatamente oggi è stato preso da Messina ambiente”. Dalla visita di Renato Accorinti e dell’assessore Daniele Ialacqua è passato quasi un mese e al di là dei buoni propositi resta da capire se la Regione ha la volontà di intervenire su questa porzione di Messina: “La Regione-ha dichiarato l’assessore Nino Bartolotta- di concerto con il Comune sta verificando la fattibilità normativa di poter autorizzare il comune a utilizzare le risorse previste dal risanamento per la qualificazione di tutta l’area Tremonti-ritiro”. La speranza, aggiungiamo noi, è che queste case non rappresentino l’ennesimo segno di tangibile di una città che è cresciuta e si è sviluppata senza alcuna regolamentazione urbanistica e norme di sicurezza. Forse, anche i costruttori pensavano che Messina fosse immune dai fenomeni temporaleschi.
Claudia Benassai