Che ci piaccia o no, non esiste storia dove un ruolo fondamentale non sia svolto da una donna. Il meccanismo assume una piega ancor più necessaria quando queste storie sono tratte da vicende reali, come nel caso de “I Fantasmi di Portopalo”, fiction in due puntate andata recentemente in onda su Rai Uno.
Nel parlare comune si è soliti dire che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, ma Roberta Caronia, professionalmente parlando non sta dietro nessuno, e nella fiction solo per pura metafora.
Nel ruolo di Lucia Ferro, insegnante e moglie del pescatore che ha portato alla luce il naufragio e la conseguente morte di migranti, ha pienamente soddisfatto le aspettative per un ruolo non semplice e solo apparentemente di secondo piano. In una realtà piccola, come quella della cittadina siracusana, la donna ha avuto il coraggio di una madre e di una moglie per lottare insieme al marito e soprattutto a favore dei figli. Raggiunta telefonicamente, l’attrice, non esita a rispondere e ad esporsi in prima persona su argomenti anche, talvolta, scottanti.
Lucia, il suo personaggio, arriva addirittura a mettersi contro il parroco, simbolo del potere costituito specie nelle realtà medio piccole. Cosa spinge una reazione simile?
“Io credo che il mio personaggio non si sia messo contro il parroco, contro qualcuno, semmai per qualcuno. Si è messa in difesa dei suoi figli. Quando le cose si fanno dure, la madre tira fuori gli artigli. Deve difendere, è biologico, è innato, è una cosa assolutamente naturale. Ho un figlio quindi lo so.”
Ha interpretato nel tempo grandi eroine delle tragedie, a Siracusa. Quanto Lucia Ferro è simile ad un’eroina del mondo greco?
“ Quello che hanno fatto, lei insieme al marito sicuramente è stato tentare di restituire sepoltura. Quando noi pensiamo alla parola, alla frase, restituire sepoltura, soprattutto per chi come me ha interpretato grandi tragici, si pensa subito ad Antigone, che voleva restituire sepoltura al fratello per dargli la pace e ha lottato per questo. In realtà queste povere persone che sono morte in fondo al mare, 283 vittime, e con loro tutte quelle che sono venute dopo, di cui non sappiamo nulla, perchè magari non c’è memoria, non c’è nessuno a parlarne, queste persone sono state fortunatamente sepolte. Grazie a Dio la memoria collettiva ha riportato in vita i loro nomi, nel momento in cui è stato denunciato l’accaduto. Si, un atto eroico e tragico c’è stato, legato anche grazie al giornalista, ma tutta l’azione di queste persone insieme ha permesso che queste vittime potessero essere poi piante dai loro cari. L’idea è senza dubbio legata ad Antigone.”
Un’eco storica, dunque, che dai meandri della grecità, come per una sorta di condanna, ci riporta ai drammi che vengono vissuti da tutti coloro che affrontano questi viaggi disperati e al contempo da chi ha tentato e tenta di soccorrerli.
Tanti i punti che mettono in comune Roberta e il suo personaggio, di cui ha soprattutto apprezzato la forza, la verosimiglianza con le donne che vediamo tutti i giorni, a partire dal ruolo professionale di Lucia per il quale l’attrice ha potuto prendere spunto dal proprio bagaglio di memorie: “ Mia mamma era un’insegnante. Me la ricordo, andava a scuola, si occupava di noi. Sono felice di aver potuto fare un ruolo un po’ più complesso, spero di averlo reso più complesso del solito. Da vera siciliana, col gusto reale della nostra lingua.”
Da siciliana, cosa vorrebbe che i Siciliani traessero da questa vicenda?
“Da questa storia quello che dovrebbe venir fuori molto semplicemente è una riflessione sull’accoglienza. Accoglienza e integrazione sono, a mio avviso, le parole del nostro futuro. Stiamo andando verso un mondo che deve essere aperto, un mondo dove ci muoviamo da un paese all’altro quindi credo che tutti dovrebbero poterlo fare. La paura è un sentimento umano, ma che dobbiamo cercare di vincere perché la paura, come tutti i sentimenti umani, va preservata ma ti rende immobile, non ti porta ad evolverti. Per paura ti immobilizzi. Magari l’integrazione porta a un mondo più ricco. Poi noi siamo siciliani, siamo la patria in assoluto come esempio di integrazione di tanti popoli, proprio a livello genetico. Siamo stati dominati 13 volte, e possiamo dimostrare di avere una genìa luminosa, molto ricca.
Credo molto in questo, cerchiamo di non renderci immobili ma di essere pronti al cambiamento, all’integrazione.”
Cos’altro aggiungere? Si spera che la paura passi, e che ci siano più mamme, anche verso i figli degli altri, figli che altrimenti non avrebbero un futuro.