“Nun vogghiu la piazza intitolata,
ma vogghiu l’unione di Sciurita;
ca sa facemu ‘na mossa sbagghiata,
schiavi ristamu pi tutta la vita.”
Queste parole, scritte da Filippo Manuli, primo assessore del comune di Roccafiorita, comune della Città Metropolitana di Messina, comprensorio della Valle d’Agrò e aderente all’Unione dei comuni delle Valli Joniche dei Peloritani, devono essere da monito alle future generazioni. A loro, infatti, il compito di preservare quanto fatto nell’immediato dopo-guerra. In questo contesto si inseriscono le celebrazioni per il 70esimo anniversario dell’autonomia del comune di Roccafiorita, conclusasi con la scopertura di una targa. Era, infatti, l’1 giugno del 1947 quando il più piccolo centro del mezzogiorno d’Italia ottenne l’autonomia. Raggiungerla, però, non fu impresa semplice.
Quando il Fascismo irruppe nella scena politica italiana, Roccafiorita fu aggregata al vicino Mongiuffi Melia. I “ciuritani” soffrirono molto per questa dipendenza, sia per l’innata cultura autonomista, sia per le notevoli difficoltà che avrebbero dovuto affrontare per risolvere le loro questioni burocratiche, considerato che l’unico ufficio risultava difficilmente raggiungibile, soprattutto in inverno. Dopo anni di lotte e privazioni, Roccafiorita divenne un Comune autonomo grazie anche all’impegno dei giovani dell’epoca, spinti da una forte identità.
Fra gli scranni dell’aula consiliare, dove si sono svolte le commemorazioni, prima della festa per le strade, anche Giovanni Ardizzone, presidente dell’ARS (Assemblea Regionale Siciliana), che, stimolato dalle nostre domande, ha dato luogo a riflessioni sulle Autonomie locali e regionali oltre che sulle identità territoriali e sulla programmazione turistica.
Presidente, si festeggia l’anniversario della fondazione del Comune, quindi il raggiungimento della sua autonomia. Oggi ha ancora senso parlare di piccoli Comuni considerando la volontà di accorparli?
Io penso che la questione dell’accorpamento sia ormai superata. C’è una visione altalenante ogni volta delle questioni politiche, è come se tutto si riducesse ad una sorta di spending review; come se i costi fossero quelli dei sindaci e dei consiglieri comunali, mentre sappiamo che non solo le indennità sono veramente ridotte al minimo, ma spesso in questi piccoli comuni addirittura si rinuncia a esse.
Quindi lei è a favore del mantenimento dei piccoli Comuni?
Noi dobbiamo riscrivere, a mio avviso, lo Statuto della Regione Sicilia. Nel corso dei secoli c’è stato un fiume carsico: la Sicilia non si regge senza le piccole autonomie. Se 70 anni fa, appena sorta la Repubblica, si è sentita l’esigenza di dare l’autonomia a Roccafiorita come a tanti altri comuni un significato ci sarà stato nel senso che i comuni attraverso le loro risorse, quelle più importanti che sono le risorse umane, riescono ad auto amministrarsi. Questo è stato dimostrato da Roccafiorita che, con i suoi 180 abitanti, rappresenta il fiore all’occhiello dei Comuni nel Sud Italia. Si tratta della voglia di un piccolissimo Comune di continuare ad andare avanti, di mantenere in piedi un sentimento identitario che contraddistingue le comunità le une dalle altre.
Spesso non si pensa un programma turistico in territori così piccoli. In genere, si tende sempre a dare maggiore importanza a centri come Taormina, Isole Eolie, Lipari…
Perché manca una strategia comune, una narrazione unica della nostra Sicilia. Ha detto bene, perché noi siamo in una provincia turistica per eccellenza. Le Isole Eolie e il polo taorminese rappresentano il sistema turistico per eccellenza, nel senso che attraggono il 90% dei turisti. Molto di questo, però, si riversa nel resto della Sicilia, nonostante manchi quella capacità di organizzazione complessiva che ovviamente è tipica dei Comuni come Taormina e da essa non può derivare. Chiaramente, ognuno tiene per sé i propri turisti. Ma il rischio è avere un turismo di inerzia. Ecco perché occorrerebbe una strategia unica a livello almeno provinciale, di città metropolitana, per far sì che il turismo possa anche essere destagionalizzato.
Quindi si può parlare di una sorta di autonomia 2.0?
Autonomia 2.0 è interessante. Ciò perché l’autonomia ormai deve fare i conti con un sistema globalizzato, ma noi sentiamo l’esigenza di autonomia nelle piccole realtà in cui la globalizzazione per fortuna ancora stenta ad arrivare. E allora l’autonomia può rappresentare la spinta di un rilancio complessivo della Sicilia, perché se ognuno di noi porta avanti le istanze identitarie, succede che nella specificità c’è il tutto. La Sicilia è fatta da tante realtà, abbiamo tante denominazione, quindi è chiaro che Roccafiorita è diversa da Taormina e Taormina è diversa da Messina. Ciò che voglio dire è che non abbiamo solo la nostra storia, ma la nostra e quella degli altri; in questo senso Taormina deve raccontare anche la storia di Roccafiorita.
L’augurio che lei fa, anche considerando l’anniversario appena festeggiato, è questo?
Sì. Per altro è stato evidenziato che ci sono le direttive comunitarie che sono disattese. Parlano di incentivare le risorse per le città metropolitane (non dimentichiamo che sono le più popolate a livello europeo). Ma c’è anche una grandissima attenzione per le cosiddette