La questione del rimpallo di responsabilità sugli sgomberi del plesso di Via Napoleone III, occupato dagli attivisti di Casapound, tra Ministero Economia e Finanze (Mef) presieduto dal Ministro Tria e la Prefettura di Roma (e indirettamente ciò chiama in causa il Ministero dell’Interno) è una storia di ordinaria vecchia politica.
Proprio il Governo del Cambiamento, che dovrebbe marcare la propria differenza da chi era venuto prima, fa propria l’antica prassi dello scaricabarile, nota a tutti i vecchi politicanti di professione. Ma andiamo per ordine.
Il Consiglio Comunale
di Roma ha approvato, in data 29 Gennaio 2019, con il sostegno dei consiglieri
M5S e PD, una mozione per dare attivazione alle procedure di sgombero dello
stabile occupato da Casapound. La Sindaca di Roma Virginia Raggi ha tentato di
dare seguito al voto facendo richiesta al Mef di dare inizio alle procedure. In
una nota del 20 Febbraio, il Ministero ha sostenuto che pur essendoci la
volontà di sgomberare l’immobile, ogni
azione compete alla Prefettura di Roma, la quale non ha ritenuto prioritario
l’intervento. Si legge nella nota che le priorità riguardano quegli edifici
da sgomberare perché a rischio crollo o
in condizioni igieniche non a norma.
Ma l’ultima circolare con cui il Ministero dell’Interno di Matteo Salvini è intervenuto sul tema delle occupazioni abusive chiariva che vanno tutelati soltanto quegli occupanti in gravi difficoltà economiche e abitative. Insomma vanno tutelate le famiglie senza casa, mentre invece da quel momento è iniziata una stretta contro i cosiddetti centri sociali. Uno di quelli che ne ha subito le conseguenze è stato il Centro Baobab, che ospitava in campi allestiti nella strada con mezzi autofinanziati alcuni migranti senza fissa dimora. Salvini è intervenuto ieri ripetendo quasi uguali le parole di Tria e della Prefettura: non ci sarebbe alcuna priorità. Eppure Baobab fu chiuso senza tanti complimenti. E ciò nonostante svolgesse un ruolo che spetta alle istituzioni, quello della prima accoglienza. Casapound No. Il sospetto che dietro tutto ciò ci sia una chiara volontà politica del leader leghista, a cui tutto il Governo si sarebbe accodato, dopo queste dichiarazioni è più che forte. Salvini avrebbe il potere di intimare lo sgombero alla Prefettura, ma non lo fa.
Perché? Sono noti i rapporti che legano il segretario della Lega al movimento neofascista presieduto da Andrea Iannone. Famosa è la foto di una cena tra il leghista e diversi esponenti di primo piano del movimento.
Oltre che con Baobab, potremmo fare un paragone con la vicenda riguardante la Casa Internazionale delle Donne di Roma, che la Giunta Raggi cercò di chiudere a causa di un debito pregresso in virtù del quale fu paventato lo sfratto. Si può dire che la Raggi e la sua Giunta siano coerenti, usano la linea dura con tutte le occupazioni, sia di destra, che di sinistra. Ma non si possono mettere sullo stesso piano situazioni come quella di Casapound e della Casa delle donne. Casapound è un movimento dichiaratamente fascista, nostalgico del Regime e che vorrebbe farci ritornare agli anni ‘30. La Costituzione repubblicana vieta la riproposizione del Partito Nazionale Fascista sotto altre forme e non si capisce ancora perché dopo tanti anni esistano ancora partiti e movimenti nostalgici e non vengano invece messi al bando.
L’esistenza di sedi dove a queste persone viene dato spazio politico è un grave rischio per la democrazia nel nostro Paese. La Casa delle Donne è invece uno spazio che da quando esiste, dal lontano 1987, quando ancora le attiviste femministe non avevano occupato lo stabile del Buon Pastore, offre cultura femminile, servizi di ristorazione, congressi, ed anche accoglienza alle vittime di violenza. Ed è una attività che da lavoro a tante persone, con la gestione del ristorante e della foresteria. L’utilità di questo spazio è chiara, meno quella di Casapound. Ed essendo quest’ultima un pericolo deve essere nelle priorità di sgombero.
Non si può far scomparire uno spazio di cultura come la Casa internazionale delle Donne, non per motivi economici.
I debiti si pagano ma si può venire incontro alle esigenze delle donne che lo animano e ne fanno parte. Sarebbe davvero fare un’ulteriore violenza contro il genere femminile.
Peggio ancora se fosse avvenuto da parte di una Sindaca donna. Per fortuna essa esiste ancora, ed è ad oggi attiva. Le responsabilità nei due casi sono in capo a istituzioni e persone differenti, ma il confronto si può fare perché sembra essere in atto un attacco a tutte quelle realtà che, recuperando un bene inutilizzato, danno un valore aggiunto alla comunità, sia in qualità di servizi che di diffusione di cultura. Di più salta agli occhi che la Casa delle Donne non è nemmeno una occupazione abusiva, ma gestisce un bene in concessione da parte del Comune. Soprattutto sembra un attacco politicamente indirizzato, perché a farne le spese sono quasi sempre quei centri che hanno anche vagamente una connotazione di sinistra.
Mentre altri appaiono ben protetti. Magari non è l’intento della Raggi, di cui abbiamo già sottolineato la coerenza, ma lo stesso non si può dire di chi sta al Governo.
Michele
Bruno