ALI ABDELHAKIM 33 anni, nato ad El Gara, Marocco, HANJA ABDELHAKIM Marocco, MILOUDI ABDELHAKIM 75 anni, nato ad El Maaiz, Marocco, FATIMA FAUHREDDINE 59 anni, Marocco, PLACIDO CARUSO 76 anni, originario di Milazzo, residente a Messina, STEFANO LA MALFA 51 anni, impiegato comunale di Milazzo, GIUSEPPINA MAMMANA 22 anni, siciliana residente in Germania, SAVERIO NANIA 43 anni, macchinista di San Filippo del Mela.
Sono questi i morti dimenticati ieri in Piazza Stazione a Rometta, teatro della manifestazione che ha visto l’intitolazione della Piazza a Graziella Campagna. Nessuna parola per ricordare che in quel luogo, la Stazione di Rometta appunto, il 22 Luglio del 2002 l’espresso “Freccia della Laguna”, partito alle 16 da Palermo con direzione Venezia, fuoriuscì dai binari, spezzandosi in due parti. Il convoglio si sganciò dalla motrice schiantandosi contro il casello ferroviario, provocando 8 morti e 60 feriti e la causa di quello che è stato riconosciuto come una dei più gravi incidenti ferroviari di sempre è dipesa dai lavori fatti male e non a regola d’arte.
Per travagliata coincidenza era un altro sabato di tanti anni addietro, come sabato era ieri quando la Città di Rometta ha onorato Graziella Campagna intitolando a suo nome la Piazza Stazione. Ovviamente non è nostra intenzione dire alcunché di negativo sulla decisone. Anzi, sposiamo in pieno sia le parole del fratello di Graziella, Piero Campagna: “ Oggi è stato aggiunto un binario, quello della legalità”, che del Sindaco Nicola Merlino che ha riconosciuto la responsabilità generalizzata di chi per connivenza, complicità e omertà concesse “ospitalità” al boss della mafia santo sfameni.
Ed è proprio in questo contesto tra binari ferroviari e legalità che si sarebbe dovuto ricordare anche quei morti del 2002 che per certi versi possiamo definire anch’essi morti per mafia. Basti ricordare che i lavori di manutenzione dell’ intera rete ferroviaria siciliana erano stati appaltati da Rfi (la nuova società che ha sostituito le ex Ferrovie dello Stato) ad un consorzio di cinque imprese, la cui capofila “Lavorfer” (società costituitasi a Corleone) era amministrata da Stefano Alfano, nipote del boss della Cupola michelangelo alfano.
Ma per contestualizzare ancora di più la storia basta riportare le parole che i colleghi de La città di Barcellona e dell’agenzia IMG Press di Messina ebbero a scrivere all’epoca dei fatti. “Dietro la strage di Rometta Marea, infatti, ci sarebbe anche una nuova storia di corruzioni e collusioni, di appalti e tangenti, sorta all’ombra delle grandi commesse delle ferrovie italiane. Una storia che in Sicilia non poteva non avere la sua appendice di piccoli-grandi interessi della criminalità organizzata. Strage di Stato, ma anche Strage di Mafia. Una storia di cui necessariamente deve esserne descritto il contesto. Perché in Sicilia “si è consumata la solita storia di mafia e appalti, di negligenze e collusioni, di omertà e di inutili proteste”.
A distanza di oltre 12 anni il processo per conoscere la verità è ancora fermo alla sola sentenza d’ Appello, dove con una sentenza di riforma del primo grado, “i giudici hanno confermato le condanne a tre anni di reclusione, pena condonata, per Salvatore Scaffidi, capo tronco dei lavori sulla linea ferroviaria tra Venetico e Milazzo, e per Carmelo D’Arrigo, tecnico operante sulla stessa tratta. Assolti invece in appello l’imprenditore Oscar Esposito, titolare dell’impresa di Caserta che effettuò i lavori in quel tratto di linea pochi mesi prima del disastro, e Roberto Giannetto, ispettore capo delle ferrovie dello Stato dell’ufficio di Catania.
Come si può notare le verità “giudiziarie” spesso e volentieri non corrispondono alle verità “sociali”, quello che rimane da decifrare è se anche in questo caso, come direbbe l’Avvocato Fabio Repici per denotare un certo qual scollamento tra la giustizia e la verità, si è trattato di un processo di rito peloritano.
Pietro Giunta