Save the Children al porto di Messina

A ricevere i migranti sbarcati dall’Etna, la nave da guerra dell’operazione Triton a cui l’unione europea ha affidato il compito di salvare la vita degli stranieri che si avventurano nel Mediterraneo e che ieri ha sbarcato circa 900 migranti sui moli del porto di Messina, vi erano anche i volontari dell’associazione Save the Children. Famosa in tutto il mondo per essere la più grande e importante organizzazione internazionale indipendente per la difesa dei diritti dei bambini, opera in oltre 120 Paesi al mondo con uno staff di circa 14 mila persone.

Quello che lascia stupefatti è la necessità che essa sentisse di dover essere presente allo sbarco presso il porto di Messina. Come se la Misericordia, le unità della Croce Rossa Italiana, gli altri volontari e il personale medico presente non riuscissero a garantire un minimo d’accoglienza per i minori.

Invero, una nota della Prefettura o meglio una richiesta d’aiuto nel chiarire l’arcano ha reso più rumorosa l’essenza dell’Amministrazione Comunale. E poiché siamo sicuri che lo colpa sarà come al solito di qualche altro è doveroso rendere nota anche la risposta che la Protezione Civile Regionale ha già dato in merito alla vicenda e dalla quale risulta che l’unico assente ingiustificato e ingiustificabile sia stato proprio il Comune di Messina.  

La mancanza delle tende della protezione civile che l’ex Assessore Filippo Cucinotta metteva a disposizione ad ogni sbarco questa volta si è fatta sentire. Si è fatta sentire l’assenza di qualsivoglia figura istituzionale che organizzasse l’assistenza o l’accoglienza dei salvati dalle acque. Le decine di provviste, acqua, vestiario e coperte che sono conservati nei locali della Protezione Civile locale in attesa di un ipotetico e futuro cataclisma naturale si sarebbero dovute mettere a disposizione dei 900 migranti. A ricostituire le scorte che inutilizzate per anni vanno poi sicuramente a male ci sarebbe stato sempre tempo.

Diciamola tutta la verità. Il Comune di Messina non può dire di non averlo saputo in tempo, non vi può essere un’amministrazione locale che il giorno di Natale, come in qualsiasi altro giorno dell’anno, può dire sono in ferie o gli uffici sono chiusi. Non è ammesso per legge.

E se consideriamo che il Sindaco è anche per legge la massima autorità sanitaria della città parlare di competenze tra Prefettura e Comune sembra fuori luogo. Forse bisognerebbe incominciare a pensare non più in termini d’emergenza ma in termini d’ordinarietà. Perché, non solo in quest’anno gli sbarchi sono aumentati e nel 2014 in Italia sono arrivate circa 170 mila migranti senza che il flusso si sia minimamente rallentato, ma soprattutto perché dalle carrette del mare si è passati a trasporti più organizzati e regolari, che attestano l’operatività di una nuova e più forte criminalità che ha i mezzi e i soldi per continuare ancora per molto il criminale commercio di uomini. Pertanto la domanda da porsi non è quanti ne devono arrivare ancora ma quanti ne sono morti in mare?

Ed è proprio basandosi su questo concetto d’ordinarietà dell’intervento umanitario e dell’accoglienza che la presenza di Save the Children acquista un senso, come confermato dalle parole della portavoce Giovanna Di Benedetto.

“Noi operatori siamo dislocati tra Catania e Agrigento e siamo due Team, uno per la Sicilia Orientale e uno per la Sicilia Occidentale. Noi seguiamo tutti gli sbarchi, le strutture di prima accoglienza e le comunità-loco di seconda accoglienza, dove vengono accolti i minori accompagnati e non accompagnati.

Secondo le nostre stime e dall’inizio dell’anno sono arrivati in Italia 25.700 minori, di questi 12.800 non sono accompagnati. Proprio nell’ultimo periodo, a Novembre 35 sbarchi e a Dicembre una ventina, pure se i media non hanno parlato gli sbarchi sono continuati e vi è stato un forte aumento di minori molto piccoli accompagnati. Questo perché è aumentato il flusso di Siriani, Iracheni e Palestinesi dovuto sia all’irrigidirsi dell’inverno che in quelle zone è molto duro e sia al fatto che la crisi non è terminata, anzi questa gente continua a partire indipendentemente dalle condizioni del mare”.

A volte sono i familiari stessi che li mandano questi minori, come è il caso degli Egiziani. A volte sono i ragazzi stessi, come i Gambiani, i Maliani, gli Eritrei che scappano perché non hanno alcun futuro, perché sono situazioni di dittature dove regna la violenza e non c’è nessuna libertà. Oppure per la povertà e quindi cercano un futuro da noi in Europa. Anche la nascita a bordo dimostra quanta disperazione ci sia per aver avuto il coraggio di affrontare il viaggio con il rischio della gravidanza imminente. Quanta difficoltà ci sia a vivere nei paesi dove loro vivono. E’ tutta gente che pensa di non avere più alternative ed affrontano viaggi pericolosissimi e fin dal deserto molte persone si perdono.

Alcuni ragazzi ci raccontavano che hanno affrontato il deserto su un fuori strada che è riuscito a stipare sino a 44 persone aggrappate ad ogni lato e sporgenza. Se qualcuno cadeva non vi era nessuna possibilità che potesse essere recuperato. Quindi, si muore nel deserto e non abbiamo stime di quanto persone abbiano perso la vita nel deserto. Poi affrontano la difficoltà e la grandissima violenza del percorso in Libia, perché non c’è persona che non ci abbia raccontato di violenze inaudite in Libia. Un posto dove non vi è più alcuna forma di stato, di regola, di legge. Solo caos e violenza.

E poi l’ulteriore grandissima e incognita difficoltà del viaggio in mare. Nonostante ciò, nonostante questi pericoli, preferiscono affrontarli perché intravedono che il viaggio è l’unica possibilità, l’unica speranza. In questo contesto le donne sono le più esposte alla violenza, talaltro le Nigeriane sono vittime di tratta già nel loro paese e vengono mandate alla prostituzione non solo in Europa ma già direttamente nel loro paese. Anche i minori adolescenti sono vittima di violenze, non parlo di quella sessuale di cui non abbiamo i dati, ma di quelle di altro tipo. Ad es. ad Agusta abbiamo trovato un 14dicenne ferito alla testa, un altro accusava ferite in tutto il corpo. Purtroppo dobbiamo dire che ragazzini di 11, 12 13 anni arrivano con ferite molto ma molto profonde, fisiche e psicologiche“.

Pietro Giunta 

Con riferimento alle dichiarazioni della portavoce riportate nel pezzo, riceviamo alcune precisazioni di contenuto tecnico che siamo lieti di pubblicare integralemnte per attestare il contenuto meritorio dell’attività dell’associazione. 

“Quelli visti al porto di Messina non sono volontari, ma operatori di Save the Children, legali e mediatori culturali, e non è stato un caso che si trovassero lì, perché’ per mandato, nell’ambito del Progetto Presidium coordinato dal Ministero dell’Interno, seguono tutti gli sbarchi in Sicilia, Puglia e Calabria, dove incontrano i minori per fare loro una prima informativa legale e per assicurarsi che vengano identificati come tali. Continuano poi a seguire i minori nelle strutture di prima accoglienza e nelle comunità alloggio, dove, per altro, si trovano solo minori stranieri non accompagnati e non gli accompagnati, che vanno sempre con le famiglie o, in ogni caso, con gli accompagnatori adulti. Gli adolescenti, che abbiamo incontrato e che ci hanno raccontato le loro storie, sono gambiani. “