Dagli Stati Uniti arrivano notizie positive per quanto riguarda la ricerca medica per la sclerosi multipla, che colpisce oltre 2,5 milioni di persone nel mondo (57mila in Italia), in genere tra 20 e 40 anni, costretti a convivere con una delle malattie più gravi e incurabili. Sono stati pubblicati sul “New England Journal of Medicine” i risultati di due studi su Fingolimod, terapia orale d’avanguardia che ha dimostrato nel corso di due anni di ridurre il rischio di progressione della disabilità da 3 a 6 mesi rispettivamente del 30% e del 37%. Il programma fornisce un’esperienza sul profilo di tollerabilità in oltre 2.300 pazienti, compresi alcuni pazienti arrivati al sesto anno di trattamento.
I dati, che provano esaurientemente il profilo di efficacia e di tollerabilità del primo di una nuova classe di farmaci per questa patologia, fanno parte del dossier sottoposto nello scorso dicembre alle Autorità Regolatorie negli Stati Uniti, alla Food and Drug Administration (FDA) e in Europa all’European Medicines Agency (EMEA). Sono stati valutati due dosaggi di Fingolimod 0,5 mg e 1,25 mg, ma l’approvazione è stata richiesta per il primo, che dimostra un miglior profilo beneficio/rischio.
“Vi è la necessità di nuove terapie per la sclerosi multipla: fingolimod, grazie al suo innovativo meccanismo d’azione potrà rappresentare per medici e pazienti un importante passo avanti – dichiara Giancarlo Comi, professore di neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – con una comoda somministrazione giornaliera orale, si è dimostrato infatti in grado di ridurre le ricadute e la progressione della disabilità con benefici clinici mantenuti anche nel trattamento a lungo termine”.
Un altro studio intitolato “Transforms”, della durata di un anno, ha coinvolto 1.292 pazienti, dimostrando che fingolimod 0,5 mg per via orale ha ridotto le ricadute del 52% rispetto ad interferone beta-1a (Avonex®) per via intramuscolare. col dosaggio superiore la riduzione delle ricadute è stata invece del 38%.
“I risultati di “Transforms” dimostrano efficacia rispetto alle attuali terapie di riferimento – ha dichiarato Jeffrey Cohen, della Cleveland Clinic Mellen Center per il Trattamento e la Ricerca nella Sclerosi Multipla, Cleveland, Ohio, USA – infatti ora come ora la cura viene somministrata per via iniettiva o per infusione e ciò può influire negativamente su tollerabilità e trattamento.”
All’analisi positiva del nuovo farmaco si è unito anche il prof. Ludwig Kappos, direttore del Dipartimento di neurologia e di biomedicina della Clinica Universitaria di Basilea che ha affermato l’evidente superiorità clinica.
Questo medicinale potrebbe appartenere ad una nuova classe di farmaci: i cosiddetti modulatori del recettore della sfingosina 1-fosfato, perchè riduce l’infiammazione con un’azione diretta sulle cellule del sistema nervoso centrale; agisce selettivamente sequestrando alcuni linfociti (un sottogruppo di globuli bianchi) nei linfonodi e riducendo il numero di quelli che raggiungono il cervello, causando una reazione infiammatoria. Il sequestro dei linfociti è reversibile: il numero di linfociti circolanti ritorna infatti ai valori normali quando il trattamento viene interrotto.
Gli effetti collaterali sono stati dose-dipendenti e transitori: riduzione asintomatica della frequenza cardiaca, raramente blocco transitorio della conduzione atrio ventricolare, lieve incremento (1-3 mm Hg) della pressione arteriosa, edema maculare (più frequente con il dosaggio di 1,25 mg che con il dosaggio di 0,5 mg) e un aumento asintomatico e reversibile degli enzimi epatici; l’incidenza globale di infezioni, incluse infezioni gravi, è stata simile nei gruppi di trattamento, benché si sia osservato un leggero incremento di infezioni polmonari (soprattutto bronchiti); pochi i casi di neoplasie.
Vi riportiamo inoltre l‘intervista realizzata al prof. Giancarlo Comi, neurologo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, membro dello Steering Committee e coordinatore dei Centri Italiani dello studio TRANSFORMS, che avvalora come l’Italia sia protagonista nella ricerca.
Grande novità nel trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente: l’arrivo di fingolimod, che riduce la progressione della disabilità e a differenza delle attuali terapie, è assunto per via orale.
E’ un importante passo in avanti nella lotta alla sclerosi multipla: consentirà infatti, con una comoda somministrazione per via orale, di ridurre ricadute e progressione della disabilità nel rispetto di un buon profilo di tollerabilità. Inevitabilmente ha un impatto positivo sulla compliance: difatti, oggi, le terapie disponibili sono di tipo iniettivo (endovena, sottocute o intramuscolare), modalità difficilmente tollerabili.
E’ innovativo il meccanismo di azione: potrebbe essere il primo trattamento approvato nella nuova classe di farmaci dei modulatori del recettore della sfingosina 1-fosfato (S1P). Come funziona?
I modulatori del recettore della sfingosina 1-fosfato (S1P) riducono l’infiammazione che caratterizza la forma di sclerosi multipla a ricadute e remissioni e possono avere un’azione diretta sulle cellule del sistema nervoso centrale. Fingolimod ha come bersaglio i recettori della S1P, espressi su molte cellule, inclusi i linfociti; il farmaco, legandosi ai recettori della sfingosina
1-fosfato (S1P) presenti sui linfociti, li trattiene in maniera reversibile nei linfonodi, riducendo così il numero di linfociti circolanti che raggiungono il cervello causando la reazione infiammatoria. Ha anche un’azione diretta neuroprotettiva a livello cerebrale modulando i recettori della sfingosina 1-fosfato espressi sulle cellule gliali, assai importanti nel regolare il microambiente nervoso. Questo meccanismo d’azione potrebbe contribuire agli effetti positivi.
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune neurodegenerativa del sistema nervoso centrale che colpisce milioni di persone, soprattutto giovani: quali sono gli effetti più invalidanti, con particolare riferimento alla forma recidivante-remittente?
Questa forma è di gran lunga la forma più frequente: circa l’85% dei malati presenta questo tipo di decorso nei primi anni di malattia. Questa fase è contraddistinta dal susseguirsi di attacchi ad intervalli di tempo assai variabili che provocano disturbi come addormentamento di una parte del corpo, difficoltà di movimento, sdoppiamento e annebbiamento della vista, vertigini. Gli attacchi sono seguiti da un recupero più o meno completo, ma con l’avanzare della malattia molti pazienti iniziano ad accumulare disturbi in modo progressivo e la malattia assume un decorso progressivo.
Sono stati pubblicati in questi giorni sul “New England Journal of Medicine” i risultati di studi internazionali sul nuovo medicinale con risultati importanti in termini di efficacia e tollerabilità…
Innanzitutto, è importante ribadire che esiste una forte coerenza nei risultati evidenziati sia dai due studi di fase III che dal precedente studio di fase II che ha avuto un’estensione fino a 5 anni. Lo studio “Freedoms” ha inequivocabilmente dimostrato l’efficacia di fingolimod nella sclerosi multipla a ricadute e remissioni. Il merito dello studio “Transforms” (che ha coinvolto 172 centri di 18 Paesi per un totale di 1292 pazienti, l’Italia con 22 centri e 250 malati) è stato dare una chiara dimensione della rilevante efficacia di fingolimod rispetto alla terapia con interferone beta avendo la dose di 0.5 mg un’efficacia doppia (riduzione delle ricadute del 52% rispetto ad interferone beta).
Sul profilo di sicurezza è importante segnalare che, data la potenza del farmaco, la somministrazione deve contemplare la prevenzione e il monitoraggio dei possibili effetti collaterali evidenziati dalle sperimentazioni cliniche.