Ma quanto sono belle le divise nelle scuole Americane? Identificano, rendono palese il riconoscersi in qualcosa e danno una certa identità ad un intero insieme di persone che rappresenta un Istituzione, l’Istituzione Scolastica che prende il nome di quel particolare nome cucito su quelle divise, ma cosa succede quando si tenta di IMPORTARE QUESTA PRATICA A STELLE E STRISCE NELLE SCUOLE MESSINESI? Un disastro che prende il nome di disuguaglianza.
Questo è quello che succede all’ITIS VERONA-TRENTO di Via U.Bassi dove la Preside assieme a parte del corpo docente ha deciso di importare questa usanza, che sarebbe sicuramente una nota d’orgoglio per la città se non fosse che, all’acquisto della divisa (8,50 euro cad. per una maglietta, 13 euro cad. per una felpa) CORRISPONDE UN AUMENTO DEL VOTO IN CONDOTTA di un punto e L’ASSEGNAZIONE DI UN CREDITO DIDATTICO (utile ai fini degli esami di Stato), un’agevolazione che, se nelle intenzioni della Dirigenza Scolastica mira ad incentivare l’uso della divisa, dall’altra danneggia e crea disparità, creando una relazione diretta tra divisa acquistata e miglior andamento in termini di valutazione. Ma è davvero corretto far dipendere una miglior valutazione, che dovrebbe unicamente guardare al profitto del percorso formativo, da un acquisto?
Facciamo due conti: Premesso che, al fine di indossare la divisa per tutti i 5 giorni sia necessario acquistare ALMENO due capi (stiamo valutando volutamente a fini di analisi il caso minimo di cambi possibile), se lo studente deciderà di acquistare due magliette il costo totale sarà di 17 euro (8,50 euro cad.), per due felpe invece di 26 EURO (13 euro l’una), qualora invece decidesse di acquistare una maglietta ed una felpa il costo totale sarebbe di 21 euro. Cifre che per alcuni potrebbero risultare irrisorie ma, ricordiamo, abbiamo noi preso in considerazione il caso minimo, senza tener conto di eventuali incidenti e danneggiamenti alla divisa o il probabilissimo maggior numero di cambi necessari. Ma queste cifre, che per taluni potrebbero essere ignorabili, non lo sono per altri, non possono esserlo all’interno di un contesto che vede DIVERSE FAMIGLIE IN GROSSA DIFFICOLTA’ nel mantenere gli studi dei propri figli, non possono esserlo all’interno di un sistema scolastico che dovrebbe premiare la meritocrazia e non la capacità economica agevolando un più alto rendimento in diretta correlazione con un acquisto. Se, con questi provvedimenti la Scuola mira forse ad incentivare l’uso di una novità, il prezzo di tutto ciò è la creazione di una DISPARITA’ e ghettizzazione tra “Chi può” e “Chi no”, e tale differenza risulta palese ogni giorno proprio partendo dalla cosa più evidente: gli abiti.
La questione non è nuova nell’istituto di Via U.Bassi, era infatti già emersa durante gli SCORSI ANNI quando a proporre l’idea delle divise fu la medesima Presidenza agli allora rappresentanti di Istituto Giacomo Rizzo ed Antonino Cafeo ed al Rappresentante di Consulta e Vicepresidente della stessa Alfredo Mangano, idea che fu ben accolta dai Rappresentanti a patto che l’introduzione delle divise NON AVESSE RICADUTE IN TERMINI DI PROFITTO ED ANDAMENTO SCOLASTICO, un patto, un accordo di fiducia ed equità che sembra adesso esser stato dimenticato con un COLPO DI MANO da parte di quella medesima Presidenza che lo stipulò, mandando in fumo gli impegni presi.
Ma cosa ne pensano gli studenti? Tra le voci trapelate il clima non è di certo disteso, “di divise in giro per l’Istituto non se ne vedono molte” dice qualche Verona-Trentino, segno che se qualche vantaggio in termini di condotta scolastica non basta ad incentivare l’acquisto massiccio delle divise ciò la dice lunga sulla possibilità per le famiglie di far fronte a questa spesa che si prospetta dunque BEN PIU’ ONEROSA dei casi minimi da noi previsti; di divise non ce ne sono molte ma, comunque, ci sono, e quegli alunni che le indossano si distinguono indubbiamente (non solo per i VANTAGGI IN PAGELLA) creando un contesto non certo omogeneo ed inclusivo ma bensì di settorialità grazie ad una differenze visibile e palese, gli studenti sembrano comunque aver preso sottogamba la cosa e la Presidenza, dopo i tumulti avuti in merito già negli anni passati, “non incentiva con toni forti l’acquisto” mirando forse ad una adesione più discreta e spinta dalla naturale propensione ad omologarsi dei ragazzi ed affiancata al semplice ed agevole consenso e silente dissenso degli attuali Rappresentanti forse non informati di QUANTO ACCORDATO IN PASSATO e che non hanno opposto la benché minima opposizione alla Presidenza, magari vittime del gioco-forza in loro sfavore e mancando di analizzare il provvedimento con lungimirante analisi di equità e giustizia di un Istruzione che non può creare differenze ed imporre costi, ma su ciò c’è ben poco da criticare essendo in genere il Corpo Docente e Dirigenziale a dover dare l’esempio e non viceversa, Presidenza che, per evitare indesiderati proclami e pubblicità di una discutibile scelta non vuol forzare eccessivamente la mano nell’imporre una spesa (a questo ci pensa già il contributo volontario annuale mai specificato esser tale) che se propinata come obbligatoria e gravante sulle famiglie NON TROVEREBBE FONDAMENTO alcuno nella legislazione attuale e dovrebbe esser sostenuta dalla Scuola.
E la Scuola? Abbiamo provato ad ascoltare la loro versione e punto di vista sui fatti ma, dopo più tentativi, NON SIAMO STATI RICEVUTI DALLA PRESIDENZA, discutibile segno di chiusura questo nei confronti di cronisti che vogliono raccontare i fatti per come sono raccogliendo i punti di vista dei diretti interessati, il silenzio della Presidenza del Verona-Trento (che PARE ESSERE STATO DIRAMATO ANCHE AI SUOI STUDENTI che difficilmente si esprimono sul tema) non può fermare la cronaca di dati di fatto di una SITUAZIONE CHE DI EDUCATIVO HA BEN POCO, restiamo ovviamente sempre a disposizione del Plesso garantendo allo stesso ogni diritto di replica e contraddittorio.