Sindacato e Dap, e’ scontro

Riceviamo e pubblichiamo

 

Come faranno al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – il Dap –  a risolvere gli ingenti problemi del sistema penitenziario italiano? Che progetti hanno? Quali le strategie per fronteggiare la ripresa del sovraffollamento nella popolazione detenuta e la diminuzione-falcidia degli organici? Che fanno al Dap per la mancanza nelle carceri di ragionieri, operai  e educatori, magari, anche per il poco o il tanto che questi ultimi concorrono a realizzare? E per gli Agenti di Polizia Penitenziaria che non ci sono, soprattutto quelli nuovi rispetto ad un’età media di parecchio superiore ai 40 anni e per un Corpo di Polizia che è ogni giorno di più il Corpo degli Assistenti Capo (oltre il 70% dell’organico)?

 

Cosa mai vorranno fare al Dap rispetto al raddoppio dei reati in carcere, a parte omettere di denunciarli, e dei procedimenti disciplinari nei confronti di detenuti sempre più “intemperanti”, a parte far decorrere i termini e non riunire i consigli di disciplina?

 

E per i danneggiamenti, le risse e le aggressioni, anch’essi aumentati nonostante che ci siano oggi in carcere 55mila detenuti e non i quasi 69mila di due anni fa?

Quali soluzioni per il consumo di droghe in carcere, soprattutto il crack e quelle nuove di difficile rinvenimento, che ci dicono essere aumentato in maniera esponenziale dopo l’introduzione della c.d. “vigilanza dinamica” per la Polizia Penitenziaria, in cui i sovraffollati corridoi delle sezioni detentive sono diventati vere e proprie “piazze di spaccio” per detenuti lasciati soli a se stessi?

 

Che intende fare il Dap per l’andirivieni di telefonini, di facile occultamento nelle crepe-buchi  dei muri e nei traballanti arredi delle celle, nonché di impossibile individuazione, visto che di perquisizioni, soprattutto se straordinarie, come per le  battiture delle inferiate, se ne fanno sempre di meno per non disturbare i “poveri” detenuti (al Nuovo Complesso del carcere romano di Rebibbia, una perquisizione straordinaria è stata effettuata, con 602 Agenti – sic! – solo dopo 10 giorni dall’evasione dei 3 detenuti albanesi e solo, si dice,  perché disposto dall’Autorità Giudiziaria…)?  

 

Come intendono affrontare al Dap la gravissima usura dei fabbricati, alcuni con evidenti rischi di cedimento qualora, cosa tutt’altro che improbabile nell’Italia centrale, si verifichino terremoti di sensibile intensità?

 

Lo sanno, al Dap (ma invero ed in questo caso, anche a Via Arenula e a Palazzo Chigi…) che il carcere in Italia dovrebbe servire a recuperare i soggetti che scontano la pena e, quindi, a rendere più sicura  la Società e che, invece, questo carcere peggiora chi vi entra, visto che poi quasi tutti i detenuti dal carcere escono?

Chi si preoccupa al Dap dei risultati dell’attuale politica penitenziaria nazionale?

 

Al Dap a Roma, il centro già nevralgico di un’Amministrazione in cui risulta sempre più difficile credere e riconoscersi, a parte le esigenze di sopravvivenza materiale per chi vi lavora (leggasi stipendi) e di permanenza. quanto più indenne, per chi è “costretto” a viverci, soprattutto da quando ne è a capo Santi Consolo, non tante ma un’unica, efficace, soluzione sembrerebbero averla individuata.

 

Al Dap attuale risulterebbe che basti non rispondere, assai spesso alle proprie articolazioni sul territorio  che non fanno altro che chiedere, ma soprattutto per il Dap attuale l’importante è non rispondere MAI ai sindacati del Personale.

 

Quindi, noi che scriviamo non ci vogliamo ancora accodare a chi si lamenta troppo e vanamente, anche perché per noi il Dap, questo Dap, occorre chiuderlo e basta, soprattutto per rendere possibile che la Polizia Penitenziaria sia quello che la legge prescrive e che non si vuole, al Dap attuale, che sia.

 

O meglio, basterebbe che la responsabilità del Dap il vertice politico del Ministero della Giustizia la affidasse a chi se ne intende di Pubblica Amministrazione e di Sicurezza, a manager qualificati e abili  nella gestione, oltre che del pubblico interesse,  di una Forza di Polizia e i cui dipendenti sono pur sempre l’87% dei pubblici addetti al sistema penitenziario italiano.

 

Ma nel Ministro Andrea Orlando, che nei trentatré mesi da Guardasigilli per la Polizia Penitenziaria non ha fatto altro che far approvare una norma sul Riallineamento dei Funzionari del Corpo a quelli delle altre Forze di Polizia, salvo poi non riuscire neanche a farla realizzare concretamente e con il rischio di perdita dei fondi stanziati, la fiducia è assai scarsa, mentre l’attuale Premier Renzi è probabile che dell’attuale “sfascio” penitenziario sappia poco o niente.

 

Leo Beneduci

Segretario Generale dell’OSAPP (Sindacato Autonomo Agenti Polizia Penitenziaria)