Sono di Lea Garofalo i resti ritrovati

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di Lara Borsoi
Sono della giovane testimone di giustizia i resti ritrovati poco meno di un mese fa. La conferma arriva dall’esame del Dna e da una radiografia ai denti che combacia perfettamente con un referto custodito dalla giovane figlia, Denise Cosco. E’ stato Carmine Venturino a svelare il luogo del delitto, affidando la sua verità ad un pezzo di carta.

«Non sono un mafioso, non sono un mostro» scrive «è una cosa molto delicata e credo che a tutti farebbe piacere sapere come sono andati realmente i fatti sulla scomparsa di lei, in particolar modo a Denise: io voglio far luce su questa storia per lei». Quindi conclude: «Il coraggio di Denise, la forza che ha, mi è servita da esempio». Così si è arrivati al dicembre 2012. Il freddo e il silenzio di molta parte dell’informazione, hanno accompagnato questa notizia, quasi a voler imprimere nella ricca terra lombarda un ricordo indelebile. Lì, proprio lì, in via Marelli a San Fruttuoso, tra Cinisello Balsamo e Monza la ‘Ndrangheta ha torturato, strangolato, e dato alle fiamme il corpo di Lea Garofalo, la trentacinquenne testimone di giustizia scomparsa nella notte tra il 24 e 25 novembre 2009. Punita per aver raccontato agli inquirenti i loschi traffici dei Cosco. Ad illuminare la dinamica di questo primo caso di lupara bianca in Lombardia sono state le dichiarazioni di Carmine Venturino che ha riscritto gli ultimi istati di vita di Lea Garofalo. La donna è stata uccisa e poi data alle fiamme e non sciolta nell’acido come sostenuto durante il processo di primo grado.
Prove e dati molto importanti che certamente sfoceranno in nuove indagini. Nel frattempo il Venturino, ergastolano, tenta di riscattarsi, e lo fa prendendo spunto da una ragazzi di 21 anni, Denise Cosco. Tra loro una storia come poche, che sembra quasi uscire dalla penna di un autore sadico, dove le loro vite si sono prima intrecciate e poi bruscamente separate. E a scrivere i capitoli peggiori è stata la ‘ndrangheta.
Loro due sono i veri protagonisti nel processo che tenta di fare luce sulla scomparsa della giovane testimone di giustizia. Lui a marzo scorso, insieme a Carlo Cosco (padre di Denise e compagni di Lea), Vito Cosco, Giuseppe Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabatino è stato condannato all’ergastolo per aver rapito, torturato, ucciso e infine sciolto in 50lt di acido il corpo della Garofalo. Lei dal 2009, vive sotto protezione, accusa gli aguzzini della madre, tra cui anche il padre. Non ha paura, partecipa alle udienze, punta il dito e chiede giustizia.
Ora si attende di conoscere la data dei funerali, quando tutti dovranno per forza parlare di Lea Garofalo, della sua tragedia e dei tentacoli della ‘Ndrangheta che avvolgono il Nord Italia. Una storia la cui verità deve ancora essere scritta, ma di cui nessuno potrà dire non sapevo, non ho visto, non ho sentito.

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