Non si considera un eroe Francesco Massaro, commerciante palermitano vittima di intimidazioni ed abusi ad opera della criminalità organizzata. Il suo fermo proposito di non piegarsi alle minacce, di rifiutare ogni qualsivoglia accordo con gli esponenti della malavita locale non è sentito unicamente come un dovere civico, ma come una personalissima decisione dalla quale sembra impossibile esimersi. Massaro, proprietario di una nota pasticceria nel cuore del quartiere universitario, racconta cosa significhi dover fronteggiare estorsori e criminali, opporsi ad una deplorevole consuetudine ormai tristemente accettata da migliaia di esercenti, con l’umiltà e la naturalezza di chi, semplicemente, non immagina altre alternative.
“Da anni ormai la mia attività subisce delle rapine sistematiche, almeno tre o quattro l’anno – spiega Massaro – Ultimamente però la frequenza con cui si verificano episodi del genere è notevolmente maggiore, e questo mi ha indotto a pensare che dietro ci sia un disegno più complesso.” Tutto è iniziato così dunque, con ripetuti furti senza eccessive conseguenze, come spesso accade a Palermo. Si tratterebbe di taglieggio, di intimidazioni volte a spaventare il commerciante, ad indurlo a rivolgersi ai mafiosi del luogo affinché le rapine cessino e tutto possa tornare alla normalità. Tutto questo, naturalmente, dietro pagamento di esose tangenti, del ben noto “pizzo” contro cui un numero sempre maggiore di associazioni si batte quotidianamente.
“Certo, sarebbe stato più facile e sicuramente più furbo da parte mia accettare questa sorta di compromesso, ma non avrei mai potuto fare una scelta del genere – afferma con decisione Francesco – Quella delle tangenti è una pratica deplorevole: vivere ingiustificatamente del lavoro altrui, come sciacalli, è vergognoso. Ecco cosa sono, sciacalli. Ed io non intendo in alcun modo essere parte di questo deprecabile sistema.”
L’imprenditore palermitano non teme possibili ripercussioni, o quantomeno non se ne cura. “Non credo di essere più esposto alle ritorsioni rispetto a chi vive questa situazione in silenzio. Al contrario ritengo che aver reso pubblica la mia presa di posizione possa funzionare, almeno momentaneamente, da deterrente. A ogni modo – prosegue Massaro – si tratterebbe di un rischio che sono disposto a correre volentieri”. Parole simili, decise e lapidarie, dimostrano quanto percorrere una strada affatto semplice, preferire la libertà alla sottomissione, implichi una presa di coscienza non indifferente, l’accettazione di una condizione per nulla serena ma forse non così ingestibile come si è portati a credere.
“Non voglio attenzione mediatica, né desidero che il mio gesto venga elogiato oltremisura. Ho deciso di portare ciò che mi è accaduto alla conoscenza di tutti per mandare un messaggio ai malavitosi palermitani, o meglio per rispondere ai loro messaggi”. Francesco è risoluto, determinato: è necessario che episodi del genere non si verifichino più, che la mafia palermitana comprenda che qualcosa si sta muovendo, che le coscienze si stanno risvegliando. Manifestazioni, proteste collettive, striscioni e slogan di sdegno e dissenso sono senza dubbio necessari, ma non sufficienti.
“Non so se il mio esempio verrà seguito – ci confida Massaro – Naturalmente lo spero, ma non ho alcuna pretesa. Esistono realtà in cui i commercianti non sono unicamente sotto pressione, bensì sotto assedio e sottrarsi a meccanismi persecutori del genere non è affatto facile”.
La mafia, del resto, è mutevole, difficile da estirpare, ben radicata in una Sicilia che da anni combatte per liberarsene.
“Dovremmo innanzitutto impegnarci per debellare la mentalità mafiosa, che appartiene un po’ a tutti e che si manifesta nei modi più diversi. Ė fondamentale che esista una netta linea di demarcazione fra noi e loro, che atteggiamenti ambigui ed accondiscendenti smettano di esistere. La complicità sta anche nel cercare un accordo, nel voler scendere a patti con chi ci promette la serenità pretendendo in cambio la nostra libertà.”
Resta da chiedersi allora cosa sia opportuno fare, come agire per sconfiggere un modus operandi troppo spesso avallato, assecondato, passivamente accettato. Secondo Francesco basterebbe “lavorare onestamente, compiendo ogni giorno il proprio dovere e respingendo qualunque tipo di compromesso, per quanto difficile possa essere”.