Spiegando il dissesto

“I ministri puliti, i buffoni di corte,
ladri di polli, super pensioni, Nun te reggae più!
Ladri di stato e stupratori,
il grasso ventre dei commendatori,
diete politicizzate,
evasori legalizzati, Nun te reggae più!
Auto blu, sangue blu, cieli blu,
amore blu, rock and blues, Nun te reggae più!”

Quando Rino Gaetano scrisse Nun te reggae più era il 1978  e, nonostante i quasi quarant’anni  passati, questa canzone resta ancora più attuale che mai.

Un elenco di responsabili di destra, sinistra, centro, sopra e sotto, di cui Rino Gaetano si era proprio stancato. Immaginate a farlo ora un elenco del genere, chi potrebbe mai salvarsi?
Forse qualcuno la cui onestà è indiscussa, come il Sindaco Renato Accorinti, anche se la sola onestà non può salvare una città come Messina dal baratro.

E di questo purtroppo ne siamo ormai consapevoli. Ci troviamo a lottare, proprio in questi giorni, con una decisione dalla quale dipenderanno le sorti future della nostra città: dissesto o non dissesto?  

Ieri si è tenuta un’assemblea pubblica organizzata proprio per creare un dialogo con l’amministrazione, e affrontare questo difficile dilemma cercando di capirne a fondo tutti i possibili risvolti. Accuse e malumori hanno riscaldato gli animi durante i primi momenti del dibattito, lo stesso Luigi Sturniolo, consigliere di Cambiamo Messina dal Basso, ha affermato che fino all’ultimo era stato indeciso sul venire o meno a quest’assemblea. Indeciso proprio perché mai la Giunta ha fatto un passo per cercare un dialogo con i suoi stessi consiglieri. La comunicazione, ormai è evidente, è uno dei punti più deboli dell’amministrazione Accorinti. Ma loro stessi ne sono consapevoli e il vicesindaco Guido Signorino si è preso parte della responsabilità, cosciente dell’inutilità di qualsiasi tipo di giustificazione. Dopo i primi interventi l’assemblea è entrata nel vivo della discussione e il vicesindaco, personalmente, ha preso la parola per spiegare le motivazioni che hanno portato la giunta a preferire l’ipotesi del piano di riequilibrio.

Il dissesto, spiega Signorino, consegnerebbe la città nelle mani di 3 commissari che dovrebbero liquidare il debito nel giro di 5 anni, ma se questo non dovesse essere estinto al termine del mandato la cifra debitoria restante tornerebbe a gravare sulle sorti di una Messina ancora più indebolita.
Si rischierebbe un doppio fallimento. Ed è questo che la giunta vuole evitare, pur prendendosi carico di una somma debitoria molto alta, le cui responsabilità non sono ancora ben chiare. Responsabilità come quelle dei contratti derivati, che costituiscono una parte cospicua del debito e che, come stabilito recentemente dalla giurisprudenza, non sono da addebitarsi esclusivamente all’incapacità dei tecnici dell’amministrazione, ma anche gli stessi istituti bancari che si sono trovati ad essere controllori di se stessi, e sui quali la giunta ha chiesto alla magistratura di indagare.

Dalle parole del vicesindaco il piano di riequilibrio sembra la soluzione meno dolorosa anche se comporterebbe in ogni caso molti sacrifici, ciò che non è chiaro è come un piano di riequilibrio decennale fatto per coprire un debito di circa 370 milioni possa risanare le casse di Palazzo Zanca degli oltre 537 milioni di euro di debito.

Eleonora Currò