STEFANO MOLICA, UN GIOCO DI RIBALTAMENTO SCENICO

Edipo, il mito dei miti e Giocasta, destini crudeli che s’intrecciano, personalità complementari ma allo stesso tempo depotenzianti a vicenda, sogno e realtà scenica.

Questi alcuni punti cardine dello spettacolo Edipo e Giocasta all’interno della rassegna il Teatro dei due mari che quest’anno sotto la direzione di  Edoardo Siravo, compie quindici anni.

Una composizione che sotto le mani di Stefano Molica, cresciuto a pane e teatro come ci racconta sorridendo,riesce a trasformare gli spunti sofoclei attraverso un ribaltamento, uno spostamento concettuale.

 

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In Apriluna versione un po’ diversa è andata in scena, con un buon successo di pubblico, presso il teatro Beniamino Ioppolo di Patti  ed ha visto la presenza, qui assente, del Coro interpretato dagli allievi del corso adulti della scuola di teatro la macchina dei sogni con l’associazione nuovi teatri che da dieci anni, come afferma soddisfatto Molica, rappresenta un vivaio importante del  movimento teatrale pattese.

Volitiva, vendicativa, tenace e per certi versi spietata, sicuramente lucida e consapevole di tutto fin dal principio, donna, nella qualità di moglie e madre, così si definisce Giocasta, interpretata da Caterina Vertova; sicuramente morbosa nei confronti di un figlio che un marito dispotico non avrebbe neanche voluto concepire e che le ha strappato dalle viscere appena nato, concesso ad un servo che lo avrebbe condotto a morte certa.

“Nell’Edipo re sofocleo che è un vero e proprio giallo il protagonista è un personaggio che cerca, che indaga, nel seguito Edipo a Colono il protagonista sfuma, scompare in modo misterioso attratto da un tuono nel bosco delle Eumenidi; nella versione di stasera tutto invece verrà rivelato e ribaltato, Edipo è un personaggio ridotto e svuotato dal femminile, che subisce e non crea azione ma che smaschera e  riesce  a definire lucidamente,   e quasi a giustificare  la sua fine.”

Nella scena un trono rosso ed un letto-palcoscenico,rimando fisso all’incesto,  fulcro attorno al quale Giocasta ed Edipo continuano a girare: il teatro e il letto sono i due luoghi in cui si ritrovano gli aspetti della vita di uguale e opposta valenza.

Caterina Vertova, che già nel 2013 a Tindari aveva interpretato la Giocasta di Dimitra Mitta, entra in scena beffarda, con un boa rosso, affronta il marito-figlio che vorrebbe relegarla nel gineceo e privarla dell’affetto dei quattro figli lui capace di battere la Sfinge nell’enigma ma non di capire la realtà.

In modo impetuoso e senza tentennamenti gli rivela la storia piatta, così la definisce un Tiresia(Renato Campese) non indovino e non cieco ma narratore, con la quale Edipo(Cesare Biondillo) e lei stessa non hanno fatto altro che permettere all’oracolo di compiersi per intero.

Vedova allegra che si compiace del fatto che il figlio abbia fatto giustizia per entrambi uccidendo, in modo inconsapevole, il marito ed il padre dispotico.  

Un Edipo adirato con la madre spietata ma anche incapace davanti all’azione, che non indaga ma si lascia colpire dal fiume delle rivelazioni, lasciandosi irretire, coccolare, ma fuggendo davanti ad una realtà più forte di lui.

Il testo tratto da Dimitra Mitta e Jan Cocteau, è una  ri-lettura ri-scrittura sperimentale come sempre nei testi di Molica, la seconda parte scritta come un fiume in piena in una notte, ci racconta, rimandi narrativi continui, soprattutto al teatro francese che tanto ha riletto il mito in chiave moderna, che rendono il dramma antico più contemporaneo,  di sapore europeo.      

Personaggi dipinti dentro un balletto del tempo che si dilata in un tempo grande, ormai 20 anni fa mi liberasti da tuo padre,  e si contrae in un tempo piccolo, quanto hai aspettato per il matrimonio? uno due giorni e che si articola in due parti, la prima tutta giocata sulla coppia Edipo Giocasta, la seconda con un Edipo ormai vecchio e cieco, sperduto e delirante, interpretato da un magistrale Edoardo Siravo accompagnato nella sua peripezia da una ritrovata figlia Antigone, una promettente  Valentina Enea, che lo ritiene il padre migliore del mondo e gli propone di guardare oltre lasciandosi il dolore alle spalle.  

I due giungono di notte a Colono, Edipo è un uomo segnato da una fame di pane e di affetti, forse divorato dalla febbre, assediato dai suoi demoni interiori, tessuti di ricordi, spettri che sospesi realtà e finzione dialogano con lui. Il re senza trono trova a Colono, terra verdeggiante di luce, corsi d’acqua ed ulivi, trova la morte fortemente voluta che lo restituirà alla madre terra, in una catarsi definitiva, sospeso tra sogno e realtà e vero soltanto dentro la macchina del teatro.