Storie di ordinaria follia: una violenza lunga anni

Quando mi ha preso per il collo e mi ha sbattuta al muro ho temuto di soffocare.

Non avrei mai pensato che si potesse arrivare a tanto, più volte ero stata ammonita sulla sua violenza, più volte mi era stato detto che sarebbe successo. Una persona violenta del resto non cambia atteggiamento di colpo.

Ma io non volevo vedere oltre la punta del mio naso, pensavo che non avrebbe mai fatto niente contro di me. Sì, certo, lo sapevo quanto fosse violento, ma non pensavo che tutto questo mi si sarebbe mai potuto ritorcere contro.

Noi donne siamo convinte sempre di cambiare l’uomo che amiamo, pensiamo di renderlo migliore e soprattutto di essere immuni dalla loro bruta violenza. Ma la violenza è cieca, non ha colore, non ha età, non ha sesso, la violenza non chiede permesso e soprattutto non è controllabile. Non da chi la subisce quanto meno.

Per giorni non sono riuscita ad uscire da sola, tremando di paura non appena mettevo piede in ascensore, ma quel momento è stato solo il culmine di anni di violenza psicologica. Un tipo di violenza non meno dolorosa di quella fisica, una violenza più subdola che annienta la personalità di chi la subisce i cui segni non sono evidenti ma che rimango indelebili per anni, a volte anche per sempre.

“Inutile, è sempre tutto inutile, non serve a niente quello che dici, sono solo scemenze” era routine, semplici frasi di routine ripetute ogni giorno, martellanti nella mia testa.

Sempre tutto sbagliato, non c’è mai stato in tanti anni un argomento su cui io avessi ragione, o semplicemente un argomento sul quale fossi degna di esser ascoltata. Svilire l’intelligenza altrui è una di quelle armi che fa sentire forte l’uomo violento e che annulla ogni possibilità di replica.

Alla fine evitavo di rispondere. Ero talmente tanto abituata ad essere insultata e ignorata che avevo iniziato a non dire più niente. Un muro di gomma sul quale rimbalzava ogni affermazione. Mi proteggevo con le mie forze, senza capire che potevo ancora scegliere di salvare me stessa piuttosto che un rapporto malato.

Probabilmente devo ringraziarlo per quelle mani addosso. Se non fosse stato per quell’episodio sarei rimasta ancora ammaliata dal suo finto fascino rinchiusa in una prigione costruita con le mie stesse mani.

La colpa, il senso di colpa è una di quelle cose del quale non ti liberi. Sì perché noi donne, dopo che subiamo un abuso o una violenza, pensiamo anche che sia colpa nostra, pensiamo di essere noi la causa di questa violenza magari in seguito ad un comportamento sbagliato.

Ma ho voluto raccontare tutto questo proprio per dire a tutte, care amiche, che se un uomo è violento non è mai per causa nostra, un uomo è violento perché è malato.

E da una violenza, così come da un abuso, se ne può uscire. Con tanto dolore e tanta sofferenza, lottando con le unghie e con i denti per salvare noi stesse, ma se ne può uscire. E tutto questo ci renderà un pizzico più forti e in grado di affrontare la vita.

E.B.