Storie di pedofilia e delinquenza

 

Alberto mi chiamò con un filo di voce: “È appena andata al solito posto, li dove si danno appuntamento, all’angolo dietro la scuola. Lui è al bar in piazza, la fa pure aspettare. Stronzo”.

 

Alberto è un adolescente, innamorato, ferito.

 

Lei, Angela, è una sua coetanea dalla quale è solo attratto anche se crede di volerle bene.

 

Conosco Angela da quando aveva 12 anni e un fisico da 15enne, l’ambiente in cui vive è “difficile”, periferia di una città distratta.

 

La notai una sera in oratorio durante una delle mie tante “visite”; allora dovevamo girare uno spot con l’intervento dei ragazzi, erano tutti così belli, spavaldi.

 

Lei partecipò mantenendosi leggermente in disparte, era allegra ma osservai che si schermiva quando le veniva richiesta una maggiore partecipazione. Gli amici la deridevano dicendole che se la “tirava”. L’unica amica, con la quale passava ore a parlare bisbigliando, era Alessia.

 

C’è anche Alessia a quell’angolo di strada.

 

Sono cresciute Angela ed Alessia, due corpi da donna che esplodono in quel grigio squallore della piazza; e se ne accorgono i coetanei che, con gli ormoni a mille, fantasticano sulle due ragazzine commentando ora quel vestito ora quella “posa”.

 

Se ne accorgono i grandi, quelli che stazionano al bar della piazza, quelli che spiano sull’oratorio.

 

Le vedi giocare, fare gruppo con le amiche, le vedi crescere e stai lì a spiare, a scrutarne l’animo; a scegliere.

 

E così Angela e la sua amica del cuore sono state scelte; approcciarle è facile l’offerta è allettante: proviene da un “grande” che ha la macchina, i soldi, tempo. Il corteggiamento non è nemmeno tanto impegnativo: una serie di sguardi da lontano bastano a farle comprendere l’interesse, un paio di messaggi recapitati mediante un bambino, conoscente comune, qualche regalino fattele consegnare da una timidissima amichetta, basta poco a convincerla ad un primo appuntamento – d’altronde cosa vuoi che succeda, d’altronde cosa ho di meglio da fare e poi quelle attenzioni i regalini quel delizioso modo di sentirsi desiderata.

 

Intanto Alberto soffre le sue prime pene d’amore.

 

Ma anche quel senso di legalità di cui tanto si discute in classe lo conduce alla determinazione che non è giusto che “lo stalliere” abbia interesse per una bambina, “quello fa forza sulla macchina, sui soldi ma è tutta robba lorda”.

 

Gli stallieri sono due, le macchine sono due, le coppie sono due; Angela ha convinto Alessia, adesso si sente confortata dalla presenza dell’amica. Sono in due ad attendere e salgono in macchina, su due macchine, ognuna col proprio uomo.

 

Alberto mi chiama sempre più frequentemente e con lui adesso c’è Jonathan.

 

Due ragazzini delusi e arrabbiati, delusi da un amore rubato, delusi da un quartiere che non vede e non sente, arrabbiati al pensiero di due mani che puzzano di cavallo che “toccano” il corpo di una adolescente.

 

Mi telefonano.

 

Non posso più ignorare il sordo grido di aiuto dei due ragazzini; mi sento impotente e so di non avere le giuste competenze.

 

Provo a parlarne con un funzionario, ma ecco la variabile imprevista: a mia insaputa il parroco aveva notato “uno strano comportamento” delle due ragazzine.

 

Subito il verdetto implacabile: “queste due ragazze sono impazzite, bisogna fermarle subito prima che si facciano del male”.

 

E’ ovvio il male sono loro; sono femmine.

 

E così vengono avvisati dei funzionari preposti alla tutela dei minori che, ovviamente, come è nel loro compito, vanno a casa delle ragazze, parlano con i genitori, mettendoli in guardia dal comportamento spudorato delle ragazzine.

 

La colpa è loro; sono femmine.

 

E intanto Alberto e Jonathan imprecano, minacciano, vivono la loro frustrazione mentre davanti al bar si commenta sottovoce, con in mano una birra Messina.

 

Nessuna sa nulla di questa storia, ma la piazza si divide fra chi ride guardando i gruppi di ragazzi sull’uscio dell’oratorio e chi attraversa lo slargo con lo sguardo basso, evitando di guardare verso il bar. Per qualche settimana tornerà tutto alla noiosa “normalità” in quella grigia piazza, poi dimenticheremo l’incidente del percorso di vita delle ragazzine, tutto tornerà normale, e la puzza di cavallo tornerà a fermarsi in quell’angolo dietro la scuola.

 

(ovviamente) Nomi e personaggi sono frutto di fantasia. I fatti, purtroppo, no.