È stato uno scontro acceso fin dalle prime battute quello tra la Fiera del libro di Milano, in prima edizione dal 19 al 23 aprile 2017, e la Fiera di Torino, dal 18 al 22 maggio.
E così, mentre Milano ha aperto i cancelli della Fiera Rho al “Tempo di libri”, un mese dopo e a poco più di cento chilometri, Torino ha festeggiato il suo trentesimo anniversario con il Salone Internazionale del Libro. Il prima, il durante e il dopo sono stati mesi e giorni in cui tifoserie e schieramenti si sono scontrati ed anche con toni molto accesi.
Il Salone di Torino, diretto dallo scrittore Nicola Lagioia, ha chiuso il sipario per quest’anno con un numero di tutto rispetto: 165.746 visitatori. Mostrando, così, di aver stravinto in questa strana competizione, nonostante il termine sia stato esplicitamente respinto da entrambe le organizzazioni.
La Fiera del Libro di Milano, invece, presieduta da Massimo Bray, ha incassato solo quasi 70mila visitatori, una cifra che per gli organizzatori milanesi viene letta positivamente considerando che la prima edizione del Salone, quindi trent’anni fa, si era piazzata con 100mila.
I risultati potrebbero avere diverse motivazioni, quella più scontata: il vecchio Salone del Libro ha una macchina ormai ben oliata (anche se negli ultimi anni ha manifestato segni di invecchiamento e abbandoni da parte anche di grandi case editrici). Dal canto loro, i padiglioni della Fiera di Milano Rho hanno provato a coinvolgere in 35mila metri quadrati di spazi moderni e attrezzati editori, autori, bibliotecari, librai, studenti e lettori. Di certo hanno tentato, si sono sinceramente sforzati in questa lotta titanica tra Davide e Golia, offrendo un programma di eventi niente male.
Al di là di ogni considerazione ancora possibile, una domanda è scontata e deve essere motivo di riflessione: ma la formula tradizionale di Torino e la formula moderna e aperta di Milano quanto effettivamente sono riuscite a coinvolgere i lettori anziché piegare gli eventi su se stessi per il raggiungimento di numeri così “preziosi”?
Considerando le vendite e considerato che una festa del libro si è trasformata in una bagarre a colpi di numeri, di articoli e di flame sui social network, la risposta è lapalissiana: hanno perso innanzitutto i lettori in questo match di poco senso.
La stessa fine dei lettori è toccata agli editori, visto che le case editrici hanno registrato vendite in caduta libera in Lombardia come in Piemonte.
Adesso, però, la messa è finita. Tutti possono andare in pace.
Almeno fino al prossimo anno.