Il 1 Ottobre 2015, presso l’Ufficio Regionale per il lavoro di Bivona, paese in provincia di Agrigento, Ignazio Cutrò, il famoso testimone di giustizia che in lotta con la Mafia non ha voluto mai abbandonare la sua terrà, entrerà a far parte del personale di ruolo della Regione Siciliana.
La sua Storia è di quelle che fanno riflettere e che vedono lo Stato e le Istituzioni comportarsi in modo schizofrenico. Nel 2008 per amore di giustizia Cutrò denuncia e fa arrestare i fratelli Panepinto, seguono i processi, la condanna dei mafiosi, l’inserimento nel programma testimoni, il fallimento dell’avviata impresa edile e un calvario durato ben sette anni, e non è detto sia concluso. Ignazio Cutro ha combattuto la mafia a viso aperto e contrariamente ad altri testimoni di giustizia che attraverso il programma di protezione hanno cambiato residenza e identità, lui è rimasto sempre a Bivona con la sua famiglia da una parte e l’Arma dei Carabinieri dall’altra.
“Quella dell’assunzione è stata una bellissima notizia,
devastante per la mafia,
perché non dobbiamo essere noi ad andarcene
sono loro che devono fare le valige.”
Inizia in questo modo l’intervista con Ignazio Cutrò, ben consapevoli che perché potesse essere assunto, dopo aver perso tutto per aver denunciato dei mafiosi, c’è voluta la costituzione di una associazione che ha riunito i vari testimoni di giustizia, un Decreto Legge del 2014 ma entrato in vigore nel febbraio del 2015, il suo recepimento a livello Regionale e la volontà politica di non abbandonare al loro destino fatto di vite blindate e isolamento questi eroi civili del nostro tempo.
“Dopo che abbiamo fondato l’Associazione Nazionale dei Testimoni di Giustizia, con sede a casa mia, continua Cutrò, abbiamo dato il via a questa legge e siamo stati fortunati ad aver trovato anche livello regionale una politica di favore. Oggi voglio ringraziare tutta la politica regionale, perché questa legge è stata votata da tutti, e voglio ringraziare la Magistratura, il Prefetto di Agrigento Nicola Diomede e il Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta. Un ringraziamento particolare lo devo all’Arma dei Carabinieri che in tutti questi anni ha protetto me e la mia famiglia con tanta devozione, e continua a farlo.
Quanti sono in Sicilia i testimoni di giustizia?
“Esclusi quelli che hanno cambiato residenza e identità, in Sicilia attualmente sono rimasti otto testimoni di Giustizia, cinque hanno già trovato occupazione e gli altri a breve dovrebbero essere assunti anche loro.”
E’ contento di essere stato assunto?
“La mia famiglia è contenta perché eravamo arrivati ad un punto di non ritorno, io lo sono al 90% ed ho ancora tanta amarezza in bocca. Io avevo già vinto la mafia dopo la denuncia, i processi e la condanna, mentre la vera vittoria per lo Stato sarebbe stata che l’impresa Cutrò non chiudesse. Da questo punto di vista lo Stato politico e istituzionale ha perso, non è che possiamo nasconderci dietro un dito. Sarebbe stato un segnale importante. L’impresa ha denunciato la mafia…l’impresa non chiude.”
Il reddito d’impresa d’allora è paragonabile al reddito da dipendente regionale di oggi?
“Certo che no. Non esiste proprio. Eppure se la mia famiglia è chiamata a fare dei sacrifici, non avevamo altra alternativa perché con la burocrazia non vi era nessuna speranza. Pensi che a noi che siamo rimasti e non abbiamo cambiato identità non viene riconosciuto nessun tipo di risarcimento del danno. Anzi, il Ministero afferma che pure se siamo nel programma di protezione, ma allo stesso tempo non siamo andati in località protetta, non ci tocca nulla e sono solo cavoli nostri.”
“E quindi, ora succede che lo stesso Stato che mi ha protetto e difeso a livello giudiziario si farà sentire dall’altra parte perché io non sono riuscito a pagare tutti i miei debiti. (Ndr. Ignazio Cutrò nel 2011 ha ricevuto una cartella esattoriale di 85 mila euro.) Si tratta di circa 400 mila euro di debiti, tutti accumulati dopo la denuncia e l’arresto perché non ho potuto più seguire l’impresa. Io prima avevo un’azienda sanissima, una tripla “A” d’affidamento bancario. La stessa commissione (Ndr. Commissione centrale Testimoni di Giustizia) mia aveva nominato un perito per aiutarmi ma non c’è stato niente da fare. Oggi quantomeno abbiamo i soldi per andare a fare la spesa.”
Ma in tutto questo tempo lo Stato non vi ha dato nessun sostentamento?
“Ai testimoni di giustizia che vanno in località protetta lo Stato riconosce una somma pari a 400/500 euro a componente del nucleo familiare, a chi invece rimane qua e non si sposta, come diceva Cettolaqualunque, una beata min…”
PG