Un’aula universitaria gremita, come nel giorno delle lauree. Non soltanto studenti, ma anche docenti, professionisti e cittadini comuni. Il Dipartimento di Scienze giuridiche e Storia delle istituzioni dell’ateneo messinese ha promosso un incontro di studio sul tema “Famiglie omogenitoriali tra desideri appagati e diritti negati”. Finalità della giornata, come sottolineato dalla promotrice Maria Antonella Cocchiara, è stato quello di «stimolare riflessioni sulle pari opportunità nelle varie declinazioni della diversità. Perché avere paura di ciò che non si conosce è fisiologico, ma è necessario comprendere che ogni diritto in più riconosciuto non “toglie”, ma arricchisce». La voce narrante della professoressa Cocchiara ha accompagnato i presenti nell’articolato percorso della giornata, tra testimonianze di psicologi, avvocati, docenti, professionisti e, soprattutto, di chi ha vissuto e quotidianamente vive le difficoltà legate ad una condizione di fatto, ma non riconosciuta dallo Stato italiano, cui si aggiunge il muro dell’ignoranza e della paura.
Doveroso, forse, iniziare domandandosi quale sia la definizione, giuridica e sociale, di famiglia. Una querelle che spesso interessa anche i talk show nazionali, al pari delle chiacchiere da bar. «Non esiste la famiglia, ma una molteplicità di famiglie – chiarisce Rosalba Larcan, direttrice del Dipartimento di Scienze umane e sociali -. Possono essere monogenitoriali, allargate, ricomposte, omogenitoriali. Ma sono comunque famiglia. Ed il vero rischio per il figlio, non risiede nel sesso o nel numero dei genitori, ma nella disfunzionalità nel rivestire il ruolo».
Nella “latitanza” del legislatore, alle famiglie omogenitoriali non resta che affidarsi al ruolo di supplenza svolto dalla giurisprudenza, alle volte molto più avanti della società in generale. Sempre e comunque mettendo il minore ed il suo benessere al centro. «Ho deciso di “mostrarmi” dopo la nascite delle mie gemelle – racconta Francesca Vecchioni, figlia del cantautore italiano, presidente dell’Associazione Diversity -, perché vengano tutelati i loro diritti. Diritti di figlie. Invece siamo costretti ad aggrapparci ai cavilli giuridici, aggrappandoci alle sfumature della legge per veder riconosciuto un diritto. E quando finisce un amore, come accade per tutti gli uomini e le donne e come è accaduto a me, non è giusto che a rimetterci siano i bambini».
A concludere l’incontro il senatore del Partito Democratico Sergio Lo Giudice, già presidente nazionale di Arcigay. «Le famiglie arcobaleno che aderiscono all’associazione nazionale sono più di mille – spiega alla platea il senatore democratico -. E la scelta di trasparenza e di visibilità è un’arma straordinaria contro il pregiudizio sociale. Farsi conoscere e spiegare anche al bambino la realtà dei fatti, rendendolo consapevole, è la prima vera arma per smontare i pregiudizi. Ci aspetta una sfida non solo normativa, ma anche culturale, nell’accettare una pluralità di concetto relativo alla responsabilità genitoriale. Non è possibile continuare a ragionare in termini di una famiglia tradizionale, circondata da granelli di sabbia. Perché ogni famiglia rappresenta una storia a sé stante. A Bologna il 35% dei bambini nasce al di fuori del matrimonio ed il dato nazionale segue un trend positivo verso questa soglia». Ben pochi sono gli Stati europei che, insieme all’Italia, non hanno adottato alcuna legislazione in tema di unioni o matrimoni civili. Mentre dai più liberali paesi scandinavi alla moderata Germania, esistono strumenti giuridici che tutelano con modalità differenti le coppie omosessuali, con figli o meno, nel nostro Paese siamo ancora fermi al dibattito sulla terminologia da utilizzare. «Non è più il momento di discutere sul “se” intervenire, ma sul “come” procedere al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto – così il senatore Lo Giudice -. Un testo di legge base, frutto di sintesi tra diverse posizioni, è già approdato in Senato. Bisogna tornare a pensare in termini di uguaglianza e pari dignità nelle situazioni di fatto già esistenti».