di Rino Giacalone
Provincia di Trapani in subbuglio. Si fa qui tanto parlare di politici collusi o comunque fortemente compromessi, sono in tanti a stracciarsi le vesti per chiedere una politica pulita, e quando qualcosa avviene proprio verso questa direzione che accade? Apriti cielo, mugugni e proteste, prese di posizione da lesa maestà, e invece oggi qualcuno potrebbe vantare primati incredibili. Non era mai accaduto prima, che a liste quasi fatte venisse escluso un “eccellente”.
E’ successo a Trapani, è successo pe la lista del Pd al Senato in Sicilia: quando l’alcamese Nino Papania, parlamentare uscente di Palazzo Madama era certo del fatto suo e cioè di avere conquistato il numero due della lista al Senato del Pd, appena dietro il giornalista Corradino Mineo, ecco la scure della commissione di garanzia del Pd che decide di escluderlo assieme ad altri notabili che si ritenevano tanto intoccabili da esercitare un potere politico molto spregiudicato. Papania non va più in lista e di colpo scompaiono dalla scena tutte quelle critiche e riserve che puntualmente hanno da anni accompagnato la sua carriera politica. Gestione di posti di lavoro, esercito di precari che pende dalle sue labbra, controllo della macchina politica e pure burocratica alcamese, il senatore Papania è uno di quelli che chiaro chiaro ha sempre detto fuori e dentro al suo partito, “o con me o contro di me”, nessuna alternativa. In questi giorni di pre campagna elettorale non ha fatto mancare nulla del proprio potere: alle primarie di Alcamo sono stati a suo favore espressi 4 mila dei 7 mila dei voti finiti nell’urna (in 12 ore all’unico seggio si sono presentati in 7 mila con una media di 10 elettori al minuto e con i componenti del seggio che sono stati sicuramente “cateterizzati” non potendosi muovere visto il flusso praticamente continui di elettori alle primarie). Un successo alle primarie con oltre 6 mila voti che lo ha catapultato direttamente al secondo posto e forse se non ci fosse stato un nome “pesante” come quello di Corradino Mineo, il sen. Papania avrebbe potuto ben pretendere di essere capolista. E invece? Da quasi capolista a eccellente escluso.
Un precedente giudicato per abuso di ufficio (condanna patteggiata con tanto poi di riabilitazione), un paio di ortolani mafiosi che “a sua insaputa” giravano per la sua casa di Scopello e la segreteria particolare, penne col diamantino e posti di lavoro che avrebbe ottenuto facendo la voce grossa con i potenti titolari della società Aimeri, la società che si occupa della raccolta e smaltimento dei rifiuti nell’hinterland trapanese, Alcamo compreso, questo a leggere un maxi rapporto dei carabinieri del Noe che da Roma si sono mesi addietro catapultati in Sicilia a capire cosa stesse accadendo nel comparto della raccolta e smaltimento dei rifiuti in mano a famoso gruppo di Paolo Pizzimbone, un buon amico di Berlusconi e Dell’Utri e che però in Sicilia avrebbe trovato anche interlocutori dall’altra parte della barricata politica. E poi a Trapani hanno trovato grande terreno fertile perché qui la politica presenta grandi esempi di trasversalità, spesso centrodestra e centrosinistra possono benissimo sovrapporsi senza mostrare differenze. Si dice che il rapporto dei carabinieri, sia presto finito sul tavolo del leader del Pd e candidato premier Bersani. E mentre qualcuno a Trapani pensava che la corsa del senatore Papania fosse oramai ben lanciata, impossibile da fermare, tanto da potere, lui, “puntare” ad una poltrona di sottosegretario – emulando l’excursus di un altro senatore, ma del Pdl, Tonino D’Alì che nel 2001 si conquistò la poltrona di sottosegretario all’Interno – ecco la sorpresa. La commissione di garanzia del Pd lo ha introdotto nell’elenco degli impresentabili, poi la cancellazione dalle liste. Papania non sarà ricandidato.
Tutto finito? Forse no. Il Pd dovrebbe a questo punto pensare come guadagnare davvero fiducia a proposito di pulizia delle proprie liste. Che il Pd vuole schierarsi contro i poteri forti e la mafia lo ha dimostrato cercando e presentando candidature importanti come quella del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Ma scegliere un “vip” è cosa facile, non c’è molto tempo da perdere nel cercare i personaggi in grado di attirare facili consensi. La vera sfida potrebbe essere semmai un’altra, guardare alle periferie del Paese e rendersi conto che proprio in provincia di Trapani., a Castelvetrano, la “città” del boss latitante Matteo Messina denaro c’è un professionista più che presentabile, si chiama Pasquale Calamia e fa l’architetto. E’ consigliere comunale, è al suo secondo mandato. Durante il primo fu oggetto di una intimidazione mafiosa. Durante una seduta consiliare, alla presenza dell’allora prefetto Stefano Trotta, intervenne dicendo che “era ora di catturare Matteo Messina Denaro” e che “Castelvetrano non doveva essere più ricordata come la città del boss ma come la città dove il boss doveva essere presto arrestato”. A tre mesi da quell’intervento i mafiosi si ricordarono di quelle parole e gli andarono a bruciare la casa al mare. Ancora oggi di Calamia i mafiosi si ricordano e puntualmente gli fanno giungere minacce, accade che ad ogni riconoscimento che lui riceve o quando partecipa a qualche manifestazione dove è invitato a parlare, il suo cellulare squilla e dall’altra parte c’è chi è pronto a esternargli odio e minacce.
Ecco lui i mafiosi non li ha avuti come dipendenti ma li combatte ogni giorno. Potrebbe essere il candidato giusto a sostituire chi invece aveva “a sua insaputa” ortolani con le coppole.