Trapani turistica ?

Certo sarebbe stato interessante parlarne prima dell’inizio della stagione estiva ma, come si dice di solito, “non è mai troppo tardi”.

Trapani è una città a vocazione turistica, si sa, lo dicono tutti persino quelli che non hanno mai fatto niente per svilupparla in tal senso.

Lo è per la sua posizione, per il suo naturale bagaglio di bellezze e per tutto quello che secoli di scambi col Mediterraneo ci ha lasciato in eredità.

Ma cosa fa di preciso una città che si dedica al turismo?

In primo luogo, si dota delle infrastrutture necessarie all’accoglienza o potenzia quelle già esistenti: aree mercatali, strutture congressuali, espositive e fieristiche, strutture ricettive extra alberghiere, uffici di informazione e accoglienza turistica.

L’attrattività turistica di una città dipende da fattori che non possono essere affatto trascurati come l’accoglienza che il territorio riserva a chi decide di arrivare intesa come accessibilità e capacità di interpretare le esigenze di tutti i soggetti coinvolti.

Una volta risolta la questione delle infrastrutture bisogna passare ai servizi attraverso il coinvolgimento di tutte quelle risorse umane formate e in via di formazione che diventano biglietto da visita della città ed entrano a pieno titolo in un processo di sviluppo e di inserimento nel mondo del lavoro in un territorio con un tasso di disoccupazione e di emigrazione in linea con la crisi che i Paesi stanno affrontando.

L’ affaire “musica al centro storico” che in queste settimane è diventato la protagonista delle più diverse interpretazioni circa le iniziative da intraprendere a difesa di musicisti, commercianti e abitanti è solo la punta di un iceberg che è destinato a sciogliersi se, insieme, non iniziamo a discuterne abbandonando l’arte della “coltivazione del proprio giardino” dimenticando che fuori dal nostro ce n’è uno più grande e che appartiene a tutti del quale prenderci cura: Trapani.

La nostra è una città che non offre spazi dignitosi per lo sviluppo delle inclinazioni artistiche e che, allo stesso tempo, permette all’abbandono di impadronirsi di strutture che hanno avuto una storia e alle quali molti di noi, attraverso le associazioni, i movimenti, l’unione spontanea di forze potremmo dare un futuro.

Spazi pubblici dignitosi permetterebbero a musicisti, attori, artisti di strada, pittori, fotografi, scultori di vivere col loro lavoro così come dovrebbe accadere per qualsiasi altra professione.

E’ questo che dobbiamo chiedere: spazi.

Perché a vivere stretti, senza la possibilità di andare oltre il nostro minuscolo giardino, poi ci si abitua.