di Francesco Polizzotti
Firme raccolte e depositate per il ripristino dei wagon lits e delle tratte nord-sud dopo le scelte compiute da Trenitalia. I siciliani sparsi in tutta Italia – sia che ormai votino Lega Nord, sia che votino l’Autonomia, nel tentativo di riscatto dell’Isola – hanno reagito con dignità al torto subito dopo la decisione che da dicembre dello scorso anno costringe i passeggeri in partenza da Messina a far tappa nella Capitale per poi cambiare treno alla volta di Torino, Milano o Venezia.
Sindacati e partiti battono piede per una nuova offerta ferroviaria che tenga conto delle esigenze dei siciliani, sia nel trasporto passeggeri che nel trasporto merci con il resto del Paese.
Il premier Monti ha assicurato il ripristino di un treno. Ma basta?
La vertenza Servirail e le proteste connesse, sono un segnale che ciclicamente riguarda proprio la Sicilia, nonostante il recente incontro tra Monti e il Governatore Raffaele Lombardo. Obiettivo dei sindacati è ricollocare gli 85 lavoratori licenziati da Fs e recuperare un servizio corrispondente per le utenze siciliane. Ma “Rfi continua a fingere di ignorare la questione” – afferma la Cisl regionale per bocca del segretario Maurizio Bernava, con buona pace, aggiungiamo noi, dei diritti dei siciliani e delle direttive europei in tema di trasporti.
La scelta politica di Trenitalia, infatti, va contro quanto deciso nelle sedi europee in tema di integrazione e garanzia di un trasporto europeo uguale in ogni fazzoletto di terra UE.
L’Unione europea, nel corso degli ultimi due decenni, ha garantito la mobilità personale attraverso la libera circolazione di soggetti e merci, contrastando ostacoli fisici e tecnici esistenti su tutto il territorio comunitario, con l’obiettivo di un’unica infrastruttura di trasporto europeo che unisca i popoli del vecchio continente, dal Portogallo alla Polonia, dalla Finlandia a Malta, ovviamente passando per l’Italia.
Nonostante la politica dei trasporti sia di competenza dei singoli Paesi UE, i mercati nazionali sono stati chiamati dalle direttive della Commissione europea a favorire la concorrenza interna nei settori stradale, aereo e ferroviario senza il quale sarebbero vani gli aiuti dell’Europa per le zone svantaggiate del cosiddetto “obiettivo 1” (tra cui la Sicilia).
Cambiano i governi, mutano le istanze dei territori, via ai partiti nazionali per far spazio a movimenti autonomisti territoriali. Tuttavia, anche l’autonomia predicata ha dovuto fare le spese con la concorrenza di movimenti spontanei apartitici come i Forconi e i Pastori sardi, o da quelli voluti dalle associazioni di consumatori nell’Isola, accomunati tutti però dall’insoddisfazione per infrastrutture mancate, prezzi imposti alla merce iniqui e accise sui carburanti che deprimono la già vulnerabilità di autotrasportatori e piccole imprese, disservizi e fragilità dei collegamenti interni regionali.
Lo scippo perpetuato al Mezzogiorno, oggi svela il suo più nitido progetto. Tagliare l’Italia, segnare la già precaria unità della nazione. I siciliani però, trovano la propria salvezza proprio nell’Europa – definita dai partiti di destra ieri al Governo del Paese e di estrema sinistra, da sempre alternativi al sistema comunitario – dei banchieri e dei burocrati, ma che oggi rappresenta l’unica alleata del popolo siciliano.
Nei progetti di infrastrutturazione UE – le cosiddette reti transeuropee – , è stata data priorità da sempre alla modernizzazione di molte linee ferroviarie sugli assi nord-sud ed est-ovest di tutto il continente. E non fa eccezione il sistema ferroviario italiano che non sembra, però, recepire nei fatti la politica europea dei trasporti.
La direttiva CE 440/1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, riconosce la necessità di una maggiore integrazione del sistema ferroviario europeo di mercato. Questo va contro il piano di dismissione avanzato dalle Ferrovie dello Stato (proprietaria della rete ferrata) e dalla controllata Trenitalia (azienda ferroviarie gestore del 90% delle tratte).
Il Governo quindi non è un soggetto terzo a questo sistema e quindi non possiamo negare che nei fatti, tutti sembrano complici – diretti o indiretti – di questo triste disegno disgregante la continuità territoriale nazionale.
E’ giusto quindi considerare che i servizi di trasporto ferroviario locale a livello regionale in Sicilia debbano essere messi nelle condizioni di essere prosecuzione delle migliori tratte europee e non prolungamenti infrastrutturali di secondo o scarso livello; lo stesso Mario Monti si è dichiarato sbalordito nell’apprendere che da Catania a Palermo occorrano 4 ore di viaggio in treno.
Dire che è mancato il buon senso, annuire come ha fatto l’assessore regionale alla mobilità e ai trasporti Pier Carmelo Russo alle richieste delle parti sociali, nonostante la Regione Siciliana abbia subito un torto tale da dover sbaragliare il “politically correct”, poco sembra convincere i vertici di Fs a rispettare impegni assunti e contratti di servizio con la Regione.
Quindi, la scelta di Trenitalia va contro quanto deciso nelle sedi europee in tema di integrazione e garanzia di un trasporto europeo uguale per tutti.
“Non si vede perché un francese debba essere avvantaggiato rispetto ad un siciliano”- afferma Laura, professionista che viaggia solo in treno, per via di una forma di scompenso che ad alta quota gli si accentua e che, alla semplice ipotesi di viaggiare in low cost, precipita nello sconforto più totale riconoscendosi inerme davanti a questa situazione. Da dicembre fa la vita che Trenitalia ha dettato per lei, cambiandole esigenze, orari e spostamenti.
A questo punto, forse è bene addentrarsi nell’ambito normativo per capire meglio il torto di Trenitalia.
Il Decreto ministeriale n. 28T del 5/8/2005 disciplina le reti ex concesse affidate alle rispettive regioni di appartenenza prevedendo che, come sulla rete RFI, possano circolare più imprese ferroviarie sulla stessa infrastruttura.
Quindi se Trenitalia decide di rescindere contratti e cancellare tratte (fatto accaduto) con un semplice colpo di spugna, è anche legittimo che regioni come la Sicilia, tagliate fuori dal resto del Paese, si rivolgano ad altre imprese ferroviarie per sopperire al disservizio causato dal gruppo guidato da Moretti. Facile più a dirsi che a farsi.
Purtroppo solo Trenitalia sembra avere le credenziali per garantire tutti i servizi in adesione alle vigenti normative circa i trasporti in Italia.
Considerato che l’esperimento condotto da Luca Cordero di Montezemolo, di una compagnia nuova di trasporto ferroviario, la NTV, – costituita insieme a privati tra cui Diego della Valle e il gruppo che sta dietro Intesa San Paolo – entrerà a regime proprio agli inizi di questo nuovo anno, avendo ottenuto parere positivo dallo Stato in termini di sicurezza e certificazione, considerato che siamo in un’economia di mercato ispirato dalle liberalizzazioni e che le tratte ferroviarie sono concesse mediate contratto di servizio pluriennale con gare pubbliche, sia pure facoltative, il suggerimento migliore sarebbe che la Regione Siciliana si adoperasse per scardinare il monopolio di Trenitalia nel Mezzogiorno.
In questo senso sono stati già realizzate alcuni tentativi di apertura alle concorrenze anche estere tra Milano e Venezia. Le Regioni Veneto e Lombardia hanno in passato affidato proprie tratte ferroviarie rispettivamente ad imprese ferroviarie austriache e tedesche e ad ATI, garantendo tratte continentali da e per Monaco di Baviera con alcune città italiane come Verona, Venezia e Bologna, aumentando così l’offerta ferroviaria e la concorrenza tra imprese ferroviarie con il risultato di garantire migliori servizi alle proprie utenze.
Discorso ancora più interessante, quello avanzato ad esempio dalle Regioni del Centro Italia che, hanno presentato direttamente al Governo nazionale un Piano di mobilità ferroviaria che unisce Lazio, Abruzzo, Umbria, Marche e Toscana compreso il completamento del sistema centrale e del doppio binario ove carente. Il Governatore siciliano – interrogato al riguardo dal deputato messinese, Fortunato Romano, esponente del suo partito nella Città dello Stretto – dovrebbe a questo punto attivarsi in raccordo con le altre regioni del Sud per analoga iniziativa, in attesa che il Governo chiarisca i termini per ripristinare i servizi ferroviari dismessi.
Il federalismo lento della politica, sembra quindi essere stato anticipato, paradossalmente, da Trenitalia (scegliendo solo di intestarsi l’alta velocità che nei fatti si ferma a Roma), a vantaggio delle Regioni con migliori infrastrutture e con gli apprezzamenti delle forze secessioniste che negli anni hanno vantato il silenzio della classe dirigente meridionale e che oggi assiste alla mortificazione di un pezzo d’Italia, verso il quale lo Stato sembra ormai avere una minore responsabilità, nonostante calabresi, pugliesi, abruzzesi, molisani, lucani e siciliani siano ancora cittadini della stessa Comunità nazionale e contribuenti, seppure non utilizzatori, delle stesse tratte ad alta velocità. Tanto vale – suggerirebbero gli ultimi indipendentisti siciliani rimasti in auge, con copia di Statuto siciliano in mano – far pagare i servizi ai territori che più ne beneficiano.