Tutti i colori della mafia

Non ha bisogno di presentazioni Gaetano Porcasi: artista, e artista antimafia…

  

È cresciuta in Lei prima la passione per l’arte o la rabbia sociale?

 Quando una persona viene al mondo la prima cosa che fa impara a mangiare è istintivo. Incomincia a fare le prime cose, impara e immagazzina tante esperienze. Quando poi inizia ad utilizzare gli strumenti, per comunicare, scopre che  con quegli strumenti può raccontare tutto quello che vuole. Io ho iniziato da subito a capire quale fosse la mia strada, la mia passione per la pittura. A 5 anni già disegnavo, facevo le prime “opere”.

Dopo avere concluso il ciclo di studi all’Accademia delle Belle Arti, siamo nel 1991. Subito dopo le stragi di Falcone Borsellino ho iniziato la mia denuncia con le mie opere. I colori diventavano la mia penna le tele i miei foglie per scrivere.

  

Com’è nata l’ispirazione di mettere il suo talento al servizio della denuncia contro la mafia? O forse è proprio questo il suo talento?

 Io penso che la passione civile deve nascere dentro le  persone, poi  ciascuno usa gli strumenti che più gli sono congeniali. Ciascun artista può esprimersi  manifestando il talento che lo connota. Avviene così che il pittore lo fa  attraverso la pittura, il musicista attraverso la musica e sarà un compositore se la scrive, un esecutore se trasforma le note in suoni,uno scrittore usa  la scrittura e allora avremo un romanziere o un poeta o un brillante giornalista.

 

 

Nell’arte… È stato importante il modello di qualche autore nella sua formazione?

 Il mio modello iniziale è stato Paul Cézanne,  subito dopo mi sono accorto dei muralisti Sardi Orgosolo, poi la pittura Sud Americana, quella Russa, infine il nostro corregionale Renato Guttuso.

  

E nell’impegno sociale?

 Quando si unisce creatività e passione civile tutto diventa uno spettacolo della comunicazione  e nello stesso tempo denuncia e quindi impegno sociale. Chi è sensibile a certi temi non può tirasi indietro deve schierarsi, prendere posizione e portare avanti le proprie idee ed aspettative, al servizio della collettività.

 

 A quale opera si sente maggiormente legato?

 Io mi sento legato a tutte le mie opere, che considero mie  creature. Ogni opera ha la sua storia  e come tutte le storie ogni storia è importante nel suo proponimento. Alle spalle c’è l’idea, lo studio di fattibilità e soprattutto  la preoccupazione di vedere fino a che punto l’opera trasmette il mio stato d’animo, la mia denuncia, il mio messaggio insomma. Ogni quadro deve emozionarmi ed emozionare.

  

Cosa si aspetta dalla sua arte?

 Dalla mia arte pretendo tantissimo, ma da parte delle persone che spesso incontro mi aspetterei più coinvolgimento per il tipo di pittura che io faccio, spesso raccolgo  delusione perché la cultura di impegno civile dà fastidio ai politici, a molti  di coloro che fanno antimafia come teatranti perché loro vedono la mia pittura sociale come un nemico da abbattere in quanto racconta la verità storica, dei fatti e misfatti. Io metto a nudo la verità, ciascuno coglierà di certo qualcosa, che varia nelle persone per cultura, età, temperamento, conoscenza dei fatti.

Togliendo i riflettori a questi  teatranti solo con la cultura si possono sconfiggere le mafie, ma non con le passerelle politicizzate, quindi questa pittura ha diversi nemici: i politici corrotti, i mafiosi, ma anche  i teatranti dell’antimafia e sono tanti.