Ubuntu non è un progetto, Ubuntu è una filosofia

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E’ questa la linea che passa nella discussione con Claudio Arestivo, presidente dell’associazione formatasi circa due anni e mezzo fa nel centro storico di Palermo. Claudio mi spiega quello che è il concetto della parola Ubuntu, la quale indica un filosofia originaria dell’Africa sub-Sahariana, fondata sul sostegno e l’aiuto reciproco fra gli individui, sulla presa di coscienza dei propri doveri nei confronti dell’altro,al fine di un miglioramento globale della comunità, e sull’idea stessa di fratellanza e umanità.

L’idea Ubuntu nasce in realtà circa quattro anni fa, dall’iniziativa di un gruppo di giovani palermitani nella zona di Ballarò, rispetto all’esigenza relativa all’assenza di servizi per l’infanzia, con una particolare attenzione verso quel tassello di comunità, più debole dal punto di vista del diritto, rappresentato dalle famiglie immigrate. Dall’idea ai fatti. L’affitto di un piccolo locale nel quartiere (a spese dei volontari) e il forte aiuto della società civile, la quale si muove energicamente a favore dell’iniziativa, e concorre, nei modi più disparati, alla sua attuazione – la “rete”, come Claudio la definisce – fino al raggiungimento di una solida approvazione da parte dell’intera comunità. Arriva così la collaborazione con un’altra associazione, Hakuna Matata, che mette a diposizione i suoi locali presso la chiesa di S. Domenico; così il centro si sposta dal quartiere storico dell’Albergheria a quello de La Loggia. Qui la struttura Ubuntu cresce e, nell’Aprile di quest’anno, riesce finalmente, dopo continue richieste alle strutture politiche locali, ad ottenere dal Comune di Palermo la concessione di un locale (un’ex discarica abusiva a due passi dai vecchi locali dell’Hakuna Matata). Di fronte alle ingenti spese relative alla ristrutturazione del locale, entra nuovamente in gioco la forza della collettività, la coesione della comunità, che si stringe attorno al progetto e gli consente di sopperire, sempre attraverso un’azione volontaria, alle numerose necessità relative alla nuova locazione. Oggi l’Ubuntu è una realtà consolidata, che accoglie circa trenta bambini africani, filippini, indiani, polacchi, italiani, rumeni, che resta aperta 60 ore settimanali, e che si occupa dell’infanzia attraverso attività di baby-parking (la mattina il centro è prevalentemente frequentato da bambini che vanno da 0 a 3 anni) e doposcuola, attività ludiche e un laboratorio teatrale che si appresta a preparare “Alice nei paesi delle meraviglie”, con venti volontari permanenti e numerosi altri occasionali che si occupano con gioia e pazienza di tutti i bisogni dei bambini. Da circa un mese l’associazione ha ricevuto in prestito un pulmino il cui compito è quello di portare i bambini dalla scuola elementare Cascino di Ballarò al centro; pulmino inizialmente letteralmente assalito dai bambini, a testimonianza della considerazione di cui gode l’Ubuntu nel quartiere. E lo sviluppo del progetto non si arresta ancora: nel programma prossimo è prevista l’istituzione di un ambulatorio pediatrico, di uno sportello legale aperto al quartiere e di una scuola popolare per il conseguimento della terza media, naturalmente tutte attività coordinate da figure professionali adeguate al proprio incarico. Tuttavia, il compito svolto dall’Ubuntu non si ferma all’attuazione dei propri progetti, ma si apre interamente alla collettività che gravita intorno ad esso. «L’Ubuntu è un posto per la città», che si apre interamente allo scambio sociale e culturale, un organismo pronto a far propri i problemi, le istanze e le iniziative di ogni individuo della comunità. Oggi l’associazione concede una parte del suo locale ad una radio indipendente, “Radio 100 Passi”, che aprirà a metà dicembre, e accorda i propri spazi alle lezioni di danza da parte della compagnia di musica popolare TrizziRiDonna; tutto questo senza chiedere nulla in cambio.                                                                                                                                           «Per me questa struttura esiste e non esiste» – dice Claudio – «quello che deve passare è il modello». Il modello di una partecipazione attiva nella comunità, che contribuisca a formare una società eretta sui valori della lealtà, della cooperazione e della solidarietà. Un impegno costante, fondato sulla sinergia fra forze sociali diverse, uno schema sociale nuovo che si basi sulla partecipazione della collettività, secondo l’idea che un’esigenza singola sia un problema dell’intera componente civile. Non di beneficenza si parla, ma di scambio; di una volontà  di interazione che contraddistingue ogni uomo, quale “animale sociale”. In questo si trova il concetto base dell’idea di cittadino, membro attivo della comunità, che lavora per migliorarla, ovvero per migliorare la propria esistenza in relazione al miglioramento di quella degli altri.                                                            Ubuntu è la dimostrazione che l’integrazione esiste, e non è neanche tanto distante come la si vuole far credere – «quando parliamo di quartiere parliamo degli abitanti del quartiere, non ci interessa che siano palermitani o senegalesi. Sono membri di una comunità, e hanno lo stesso dovere di contribuire a renderla migliore». L’esperienza di Ubuntu è la dimostrazione di come, ancora una volta, la politica rimanga indietro rispetto alle realtà sociali contingenti.                  Come credo si sia già intuito, la realtà Ubuntu non è priva di difficoltà, ma ciò non importa se quello che si mette in gioco è la garanzia di un’infanzia più serena e il progetto reale di valorizzare la volontà di un apporto dei singoli ad un concetto di società che appare ormai lontano e impalpabile. Ubuntu si mantiene in vita attraverso la forza della coesione civile e il grande cuore dei volontari. Negli ultimi mesi è stata avviata la campagna “Adotta un bambino in vicinanza” grazie alla quale, attraverso il versamento mensile, trimestrale o annuale di una somma a scelta, chiunque può diventare parte integrante della struttura Ubuntu, aiutandola a garantire, ai bambini presenti e a quelli che verranno, un luogo di aggregazione che altrimenti non avrebbero, e a sostenere le famiglie che, più di ogni altre, non riescono a far valere le proprie istanze di fronte allo Stato. La chiave di lettura e che, coll’iniziativa “Adotta un bambino in vicinanza”, ognuno può contribuire a dare un aiuto concreto al miglioramento del vivere comune, e solo con un minimo versamento indirizzato a:                                                                                                     UmanistinelMondo onlus c/c postale 35884170 CAB 01600 – ABI 07601
(causale “Ubuntu”)

 

L’immenso impegno di tutte le persone che collaborano con Ubuntu è innegabile e fondamentale, ma non è questo che lo rende una realtà assoluta nel panorama sociale palermitano. La vera forza di Ubuntu rimangono delle minuscole mani che disegnano, delle piccole gambe che corrono senza sosta, degli occhi grandi che guardano con una curiosità infinita, e degli enormi sorrisi che sbattono in faccia ad un mondo triste la propria felicità.

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