Borsellino, quell’ultima intervista dimenticata.

C’è un intervista, un ultima intervista, rilasciata da Paolo Borsellino due mesi prima della sua morte e qualche giorno prima rispetto all’attentato all’amico e collega Falcone. Quest’intervista, disconosciuta ai più, è de facto una delle ultime apparizioni pubbliche di quel magistrato che, a distanza di 8 settimane, morirà ammazzato dalla mafia.

Ma quella in basso non è solamente l’ultima intervista a Paolo Borsellino prima di morire, non è un mero scambio di informazioni, ma è qualcosa di più, e forse, più delle informazioni contenute nell’interlocuzione tra i giornalisti Francesi ed il magistrato Italiano, ciò che è davvero unico in questi frammenti video è l’immersione totale nella quotidianità di un uomo che sapeva di rischiare la vita ogni giorno mettendo “le mani” in affari assai pericolosi, la sua casa è all’interno di una vecchio condominio Palermitano, nel suo appartamento si vede e si sente l’odore della normalità quotidiana e l’essenza umana di un eroe, il sigaro perennemente acceso, lo sguardo umile ma solido, l’orologio che rintocca ogni 15 minuti quasi a voler valorizzare in maniera minuziosa il tempo vissuto e quello da vivere.

Tante e valide le informazioni contenute nell’intervista, dalla Mafia locale sino ai rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano di cui Borsellino parla per la prima volta (triste coincidenza che, a scrivere queste impressioni, sia proprio lo scrivente cronista dal cognome in comune con l’ultimo dei suddetti, ma che, assicuro, nulla c’entra con questi, ndr). Falcone dimostra di essere tutto d’un pezzo, con sincera voglia di collaborare ma sempre attento alla correttezza delle informazioni date, fermandosi allorché si renda conto di poter errare, un Falcone che forse da tempo ha preso coscienza del rischio che incombe su di lui e sulle persone a lui vicine, sente la responsabilità e la pressione e che dunque decide di lasciare più informazioni certe possibili.

Eppure, tra le vie giudiziarie, si vocifera che fu proprio quest’intervista a sancire la condanna a morte sulla testa di Borsellino, un intervista che, per qualche motivo, fece andare in bestia Toto Riina, facendogli optare per “un attentato in grande stile”, un intervista che i giornalisti Francesi fecero quasi per caso, condizionati si da una serie di inchieste sulle reti mafiose europee che i due portavano avanti, ma altresì condizionati anche da Canal+, l’emittente Francese per cui i due lavoravano e che, in quegli stessi mesi, affrontava la dura concorrenza di Berlusconi che aveva da qualche mese deciso di entrare nel mercato Francese, si spiega anche così la serie di domande sul cavaliere poste a Falcone, domande pertinenti che riviste ai giorni nostri appaiono come gli albori di quell’inchiesta denominata oggi “Mafia Capitale”, ove la mafia mise radici al nord. Un intervista che, per caso o per volontà, ha generato risvolti storici ed i cui contenuti sono unici.

Tutta l’umanità di Borsellino poi, si vede in un ultimo, grande gesto: il passaggio di documentazione confidenziale ai giornalisti Francesi, un atto che non è insubordinazione ma la persecuzione e la conferma di una battaglia che non era per lui solamente professionale ma anche personale, un atto di ordinaria umanità che se da un lato cozza con la sua rettitudine professionale, dall’altro evidenzia l’importanza e la speranza che il Magistrato riponeva nella pubblica informazione e nella consapevolezza popolare, Borsellino non era solamente un eroe, Borsellino era un cittadino che nella sua normalità ha fatto la differenza.

Dopo questa non breve, ma necessaria a mio avviso, analisi, vi lascio al video integrale dell’intervista, un video unico dai contenuti non replicabili.