E’ stato bravo, e c’era da aspettarselo perché non c’è cosa più scontata, è stato bravo il prof. Nando Dalla Chiesa quando ha parlato ai tanti, ragazze e ragazzi, venuti a Marsala per il raduno nazionale dei giovani di Libera. Niente alte e altisonanti citazioni, passaggi cattedratici, ma semmai parole e consigli semplici per dire, in conclusione, che il pericolo di oggi da sconfiggere è quello che sostiene l’esistenza di “troppa legalità”. Le ultime notizie della cronaca politica e parlamentare, la storia sul 416 ter, lo confermano. Se non ci fosse stata questa voce, “la troppa legalità”, che è purtroppo un coro, da destra a sinistra, uno bravo e capace come Davide Mattiello non avrebbe dovuto sudare le classiche sette camicie per lavorare ad un testo che dapprima è stata osannato per il consenso unanime e oggi non va più bene e purtroppo a dirlo sono anche coloro i quali si sono impegnati nei compiacimenti. Non m’introduco oltre su un tema che conosco solo dai giornali, ho però ascoltato le parole di Mattiello, e quelle di Luigi Ciotti, che non sono quelle apparse su alcuni organi di stampa, trasformate, però è chiaro che la mediazione nel nostro Paese nel nostro Paese ha solo saputo dare questi risultati. In 100 giorni volevamo una legge per combattere chi compra il voto e fa accordi con le mafie? L’avevamo questa legge. Era il punto di arrivo? No era un punto di partenza!
Una legge frutto di un’assurda convivenza di Governo ma che ha avuto il consenso delle opposizioni. Certo che era una legge da aggiustare, magari si pensava più avanti, nasce l’esigenza di farlo adesso, si faccia senza cercare colpevoli. Certo sarebbe bello fare esperienza di quello che è successo nelle ultime 48 ore e magari essere capaci ad essere diretti su questo campo come in altri, serve una legge che dica con poche parole che commette gravissimo reato chi compra il voto, chi lo compra dai mafiosi o dai delinquenti di qualsiasi calibro, è colpevole chi volendosi fare eleggere sfrutta il bisogno della gente. Non è vero che c’è troppa legalità, ce ne è sempre poca, perché la mafia, le mafie, oggi sono cambiate, non sparano più, non hanno necessità di intimidire, sono dentro le stanze del potere.
Parlando al raduno nazionale dei giovani di Libera a Marsala, il prof. Nando Dalla Chiesa ha ricordato, facendo subito il bravo professore, che i libri non vanno letti una sola volta ma vanno riletti, perché possono essere antichi, ma nell’attualità trovano sempre precisi riferimenti, gli spunti per riflettere ci sono sempre. Lui ne ha ricordato uno di questi libri, “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, scritto nel 1961. Ha ricordato la figura del capitano Bellodi, i nemici che quest’ultimo aveva dentro e fuori, per le strade del paese dove faceva il capitano della compagnia dei Carabinieri, all’interno degli apparati istituzionali che lui da carabiniere serviva. Bellodi i mafiosi non ebbero bisogno di ucciderlo, non si mossero neppure, anzi don Marianino lo elogiò anche definendolo uomo e tirandolo fuori dalla schiera dei ruffiani e dei quaquaraqua, ma se lo tolse di torno, Bellodi fu trasferito e al suo posto arrivò uno visibilmente accomodante, un quaquaraqua dirà don Marianino e in coro i suoi servitori si vedono ripetere questa considerazione nell’ultima immagine del film firmato dal regista Damiano Damiani.
Oggi le cose non vanno diversamente. Cominciamo da don Marianino. Quando viene rilasciato dopo essere stato arrestato dal capitano Bellodi un banditore girà per il paese annunciando la sua scarcerazione, anzi dirà a tutti “don Marianino è turnato, cristiano bono è”. E nella realtà questa scena è di poche settimane addietro quando don Marianino, al secolo Mariano Agate da Mazara del Vallo, ha lasciato il carcere per finire i suoi giorni nella sua casa perché gravemente ammalato. A Mazara in poche ore la notizia della sua scarcerazione è diventata subito nota, accompagnata da una rispettosa commiserazione, “mischino”, dimenticando il male che lui per decenni aveva distribuito nelle case di chi non voleva accettare il suo predominio mafioso. Mariano Agate era poi specialista nei tam tam, come nel racconto Sciascia ne era capace don Marianino, fu Mariano Agate a dire a poche ore dal delitto di Mauro Rostagno che questi era stato ucciso “per questioni di corna”, oggi che si sta celebrando a 25 anni da questo delitto, il processo in Corte di Assise a Trapani, dove si è ascoltato a chiare lettere che Rostagno facendo il giornalista, e – come ha detto sua figlia Maddalena ai giudici – “il terapeuta dia città dormiente”, che tale resta e non solo per quieto vivere, era “una camurria per la mafia, oggi quelle parole di Mariano Agate continuano ad essere ascoltate in aula. Damiano Damiani firmò quel film tratto dal libro di Sciascia, come firmò la regia della serie televisiva “La Piovra” nata dalla sceneggiatura di uno che Trapani la conosceva molto bene, Nicola Badalucco. In quel film c’era la mafia che si muoveva tra salotti borghesi, circoli, tv, che sparava quando era ora di sparare, e che sapeva votare quando era ora di votare bene e che soprattutto riusciva a trasferire i suoi funzionari.
Da Bellodi de “Il Giorno della Civetta” al commissario Cattani della serie tv “La Piovra”. Sembra la foto della Sicilia, della Trapani del 2013. Qui sono stati ammazzati magistrati, giudici, giornalisti, si sono isolati collaboratori di giustizia e si sono costretti testimoni di giustizia come Rita Atria a suicidarsi. Il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa fu ucciso quando prese di petto il potere criminale, nel 2003 il prefetto Fulvio Sodano fu trasferito quando prese di petto il potere politico alleato con quello criminale. Altri Bellodi e altri Cattani hanno conosciuto e forse non hanno smesso di conoscere i trasferimenti, con la formula del “promoveatur ut amoveatur”: un nome….Giuseppe Linares; il boss di oggi si chiama Matteo Messina Denaro, ricercato da 20 anni, e ogni giorno che passa fa sempre più pensare che forse un giorno sentiremo parlare di un processo per la mancata sua cattura. Oggi fanno da scenario le parole di ieri dette dalla madre dell’agente Antiochia, ammazzato nel 1985 a Palermo mentre scortava il suo dirigente, Ninni Cassarà, restano attualissime. Saveria Antiochia quelle parole le disse nel 1988 a Mauro Rostagno, “qui stanno andando tutti via…qui tutti vogliono normalizzare…vogliono lasciarci senza giustizia e senza verità…il nostro cuore trema di paura perché non avremo mai giustizia…noi abbiamo bisogno di poterle dire queste cose”. Il prof. Nando Dalla Chiesa ha colto nel segno proprio citando Sciascia, Saveria Antiochia, la necessità che si rompa il filo che unisce società illegale e le mafie. Una descrizione che calza a pennello parlando del nord, di quello che lì è accaduto, dei soldi spesi secondo le regie che venivano decise al sud. Ma parlando del sud di oggi la realtà è un poco diversa, la società illegale qui è diventata legale, le mafie, la mafia riesce a comandare nonostante arresti e condanne, Matteo Messina Denaro nel 2004 scriveva a Provenzano dicendo degli arresti che avevano decimati gli organici mafiosi, ma bisognava solo sapere aspettare, gli arrestati scontati le pene sarebbero tornate liberi, e questo adesso sta accadendo, è accaduto. La mafia è tornata a festeggiare. E manda in giro il suo tam tam, è esagerata la richiesta di legalità che si sente in giro, e in questo trova alleati in uomini delle istituzioni, come ne “Il Giorno della Civetta”.
A Trapani la politica non mantiene distanza di sicurezza dai mafiosi e dai criminali, anzi ci sono politici che sono pure mafiosi, a Trapani vertici istituzionali non si preoccupano di tenere lontani personaggi chiacchierati.
di Rino Giacalone