Un dispositivo che fornisce informazioni importanti per la nostra salute in tempo reale, inserito nel nostro smartphone. Non è fantascienza, ma un possibile futuro del quale è protagonista l’Università di Messina, finanziata dalla Samsung per la realizzazione di un sensore capace di analizzare in tempo reale l’ espirato umano, fornendo informazioni utili per individuare eventuali problematiche legate alla salute. In altre parole, un colpo di tosse sul nostro smartphone ed ecco comparire risultati utili per l’individuazione di patologie, come ad esempio il diabete, problemi renali o l’asma.
“Ciò che si va ad analizzare è il respirato umano. Lo scambio ematico che avviene al livello dei polmoni veicola nella fase gassosa le sostanze poi catturate dal sensore”, spiega il prof. Giovanni Neri, ordinario di chimica al DIECII di Messina (Dipartimento di Ingegneria Elettronica, Chimica e Ingegneria Industriale). Si punta a un’operazione semplice e al contempo articolata, le cui modalità sono ancora da definire con precisione. Il progetto Samsung va oltre, continua Neri: “non ci si limita a inviare le informazioni al laboratorio o all’ospedale. Il progetto è trasferire queste competenze in un sistema che tutti possano utilizzare. Il paziente opportunamente istruito sarà in grado di fare una autodiagnosi, con l’uso ad esempio di un indicatore dei limiti entro i quali dovrebbe mantenersi un determinato parametro. Un po’ come si fa attualmente con i risultati delle comune analisi. I dati registrati potranno così restare nel sistema, in un database che permetterà al paziente di avere uno storico del proprio status di salute, da presentare eventualmente al medico. Si potrebbe fare in modo di trasmettere al medico i dati riferiti ai livelli di attenzione, o semplicemente garantire un controllo periodico e costante senza la necessità di visite continue”. Una vera svolta non solo in campo tecnologico quindi, ma una rivoluzione che potrebbe permettere di modificare molte delle nostre abitudini e spingere forse a una maggiore attenzione per la salute.
Nello specifico, il progetto dell’Università di Messina lavora su un sensore capace di captare il livello di acetone nel respirato, parametro diagnostico importante che può dare indicazione sull’evoluzione della biochimica del soggetto verso determinate patologie, ad esempio il diabete. Ben si comprende quanto sia importante poter monitorare nel tempo tale parametro. “Poter misurare in condizioni molto semplici i livelli di acetone in vari momenti della giornata, col passare del tempo può dare indicazioni che permettano di individuare situazioni sospette che meritano controlli specifici” sottolinea il prof. Neri, che continua: “il monitoraggio permetterà quindi di inviare informazioni utili al medico, che avrà un quadro temporale su cui lavorare. Ovviamente in futuro si potranno inserire sensori riferiti ad altri elementi, non solo all’acetone, ma al momento ciò che condiziona è il livello di miniaturizzazione. Più avanti andrà la ricerca più si potranno inserire in un volume fisico molto piccolo quanti dispositivi vogliamo, ognuno dedicato all’individuazione di un elemento specifico”. Si può dunque pensare a un futuro in cui, tramite dispositivi portatili, il paziente potrà ottenere un quadro clinico sempre più completo, con informazioni utili per l’individuazione di molte altre patologie. Per ciò che riguarda le patologie nefrologiche, ad esempio, è in atto un altro progetto che vede coinvolti il DIECII con il Policlinico di Messina. Il lavoro prevede la realizzazione di un altro sensore capace di registrare tracce di ammoniaca nel respirato, al fine di monitorare lo status di pazienti in dialisi. In tal modo sarà possibile regolare e organizzare le sedute di dialisi in tempo reale, in modo da sottoporre il soggetto interessato a terapie mirate, di volta in volta adatte alle condizioni specifiche. Un grande passo avanti che permetterebbe di evitare sedute troppo lunghe o troppo brevi, sottoponendo il paziente a terapie personalizzate.
Come detto, ciò che condiziona il lavoro è la questione riguardante la miniaturizzazione. Si dovrà attendere ancora prima di realizzare un dispositivo capace di contenere in un volume di millimetri quadrati, tanti sensori quante le sostanze da voler analizzare. In questo primo anno di progetto, la ricerca si è infatti focalizzata sul sensore, in maniera da poterlo integrare e renderlo disponibile per le piattaforme portatili. “Un conto è progettare un apparecchio da laboratorio, altro è inserire il tutto in un sistema che richiede particolarità quali consumi bassi e dimensioni ridottissime, che non incidano sulla funzionalità e non siano di ostacolo per l’utenza”.
Per ciò che riguarda l’affidabilità del futuro dispositivo, i risultati dei test di resistenza fanno ben sperare. “Come tutte le apparecchiature, anche il sensore ha una sua durata e resistenza. Questo ovviamente non deve comportare delle misurazioni false che comprometterebbero la diagnosi. Con opportuni test di resistenza, stressando il dispositivo in condizioni estreme, abbiamo ottenuto ottimi risultati che ci hanno dato conforto sulla sua efficienza” dichiara ancora il professore.
Si parla dunque ancora di un progetto che, come tale, deve rispondere alle esigenze dei finanziatori e di un mondo in continuo aggiornamento. Ma la ricerca continua: un anno fa l’inizio del finanziamento, strutturato in 3 tranche da sbloccare in itinere in base al successo del percorso. Attualmente si attende lo sblocco dell’ultima tranche, quindi i risultati della valutazione da parte della Samsung. “Per questo progetto in particolare siamo soli. La Samsung si rivolge a un soggetto unico, i cui risultati sono riservati”.
Da sottolineare il contributo indispensabile reso dal lavoro incessante degli studenti, vero ‘braccio’ di un’operazione che vede l’Università di Messina come ‘mente’ di un progetto che conferma quanto questa istituzione sia un orgoglio per la città, da cinque anni ai vertici nel campo della ricerca. “Gli studenti sono parte integrante nel progetto. Secondo le nostre direttive operano e partecipano attivamente. Abbiamo la fortuna di poter contare su molte giovani eccellenze che vedono come il nostro lavoro venga riconosciuto, soprattutto all’estero”.
Una telediagnosi a portata di mano, insomma. Il dispositivo materiale in cui andrà inserito il sensore è in realtà ancora da definire, ma che sia un telefono, un orologio o un braccialetto, l’innovazione sta nella straordinaria semplicità di utilizzo che permetterà al paziente di registrare dati importanti per la propria salute.
Gaia Stella Trischitta