24 aprile 2012, una data che per la famiglia Scialfa segna l’inizio di un incubo senza risveglio. Vanessa, 20 anni, viene brutalmente uccisa dall’uomo che diceva di amarla, francesco lo presti, 35 anni. Strangolata con un cavo e poi soffocata con un fazzoletto imbevuto di candeggina, la giovane di Enna verrà poi abbandonata in un viadotto, e recuperata qualche giorno dopo. Del novembre 2013, la condanna a 30 anni per l’omicida reo confesso, verdetto giunto dopo 3 udienze in Corte d’Assise, e dopo la ricusazione della richiesta di infermità mentale avanzata dalla difesa.
Una tragedia che potrebbe cinicamente definirsi simile a tante altre. Ma per la famiglia Scialfa la violenza subita non si ferma alla perdita di una figlia. E’ una storia fatta di vessazioni, soprusi e minacce continue. Un’altra data si aggiunge così a un calendario che sembra non conoscere limiti. 23 dicembre 2013, qualcuno si introduce in casa Scialfa. L’uso di chiavi particolari fa pensare a dei professionisti. Ciò che il padre di Vanessa troverà al suo rientro romperà ulteriormente un equilibrio per sempre incrinato: il cagnolino di casa (Romeo), membro di una famiglia incredibilmente unita e coraggiosa, impiccato nella stanza della sua Vanessa, sotto la sua foto, con la cordicella della tenda. “E’ stata una vera tortura. Trovare ucciso il cane quasi nella stessa modalità in cui è stata uccisa mia figlia è stato atroce. Un cane è parte della famiglia, e arrivi a trattarlo come fosse uno dei tuoi figli” ci racconta Giovanni Scialfa, padre di Vanessa, che continua: “è un messaggio chiaro, preciso e molto pesante. Un evento che è stato preso sotto gamba dato che non stiamo avendo alcuna risposta. Eravamo stati in silenzio per quasi un anno, in attesa che qualcuno ci aggiornasse sul corso delle indagini, ma nessuno ci ha dato alcuna informazione. Allora abbiamo deciso di raccontare a un giornale cosa fosse successo. Ma a quanto pare non interessa a nessuno la salvaguardia della mia famiglia”.
Un evento che va a confermare la convinzione di una famiglia che non crede al delitto passionale. Quanto affermato dal Lo Presti, che giustificò l’ingiustificabile con la gelosia, gode di scarsa credibilità. “Noi non abbiamo alcun dubbio che vi sia stato l’intervento di terzi nell’occultamento del cadavere. Gli indizi ci portano a dire con sicurezza che lui avesse dei complici, macchiati del delitto forse senza aver partecipato all’omicidio. Sia l’autopsia che il racconto fanno cadere il movente della gelosia, e lo stesso giudice non ne è stato convinto. Automaticamente siamo portati a pensare che mia figlia abbia visto o sentito qualcosa, ed è stata uccisa per questo” dichiara Giovanni Scialfa, che vede nelle continue vessazioni e minacce alla propria famiglia una vera e propria conferma a quelle che sembrano non essere semplici supposizioni.
Se però la richiesta di protezione sembra non ricevere risposta, da qualche altra parte la famiglia Scialfa riceve l’attenzione che merita. Finalmente una data da ricordare con gioia: il 15 febbraio 2015, un efficiente team composto da amici di facebook e parenti organizza una sorpresa a Isabella Scialfa, madre di Vanessa. Con l’espediente dell’acquisto di un mobile, la figlia Maria porta la madre a Palermo, dove le viene consegnata una cuccia contenente una splendida cucciola di chihuahua. Un gesto semplice, puro, compiuto da persone fisicamente lontane, che hanno saputo sfruttare le potenzialità di un social network per offrire il proprio calore e che hanno vissuto in modo partecipato ed attivo un dolore percepito in maniera indiretta. Profili di facebook mai conosciutisi tra loro, che hanno saputo sfruttare ciò per cui i social sono nati: fare comunità, condividere. Uno sharing fatto non di foto, ma di emozioni, sofferenze e desiderio di essere presenti, di fare, di esserci. Dal virtuale al concreto dunque, per cercare di regalare un po’ di serenità. Un bagliore dopo tanto, troppo, buio. Un simbolo che si trasforma in un timido recupero di quella tranquillità tanto violentata. L’equilibrio degli affetti sembra così tentare una ripresa che, seppur incapace di ricostruire una realtà violata, ha comunque il sapore dolce di un nuovo inizio. In qualche modo è tornato un affetto, che porta con sé tutta la carica di quanti hanno voluto, con questo gesto, dare forza e sostegno a una famiglia apparentemente dimenticata. “Un cane che arriva in questo modo alimenta ancora di più l’amore che ci manteneva uniti. Ci ritroviamo qualcosa che unisce noi e gli amici che da lontano ci hanno fatto sentire il loro affetto e il loro calore”, racconta Giovanni Scialfa, con un tono di voce che sembra timidamente sperare in un poco di sollievo. Un sollievo che ora ha un nome, Ghitti.
Nella foto gallery le immagini che mostrano la morte di Romeo, il precedente cane di famiglia, barbaramente ucciso
Gaia Stella Trischitta