Con la recente deliberazione della Giunta Municipale di Messina n° 665 è stato approvato il piano di riequilibrio finanziario del Comune di Messina. Il piano di rientro del debito decennale, visto e percepito dall’amministrazione Accorinti come un’occasione e un’opportunità di ripresa della città, fotografa impietosamente anni e anni di sprechi, dilapidazioni, dissipazioni e possiamo aggiungere sciattoneria amministrativa che hanno determinato un buco da ripianare di oltre 300 milioni di euro (€.335751529.25) e l’adozione di un piano di ristrutturazione del debito per oltre 370 milioni da coprire in dieci anni.
In esso ovviamente e finalmente sono ricompresi anche i debiti delle partecipate. E pur tuttavia le cifra finali del piano di rientro del debito hanno dovuto tener conto di una massa debitoria derivante dal contenzioso in essere che fanno lievitare i numeri del debito tanto da far superare pericolosamente quei famosi 500 milioni gridati nel 2012 dal Commissario Croce, in una famosa conferenza stampa di cui Messina ha ancora memoria.
Ma prima di passare alla fredde e nude cifre, cercare di comprendere come è stato possibile arrivare a questi livelli ci può aiutare a mettere in luce quella mala gestio della cosa amministrativa che dovrebbe essere esclusa da qualsiasi processo di cambiamento che voglia essere d’ausilio a una Città che oggi è chiamata a ripianare i propri debiti per dieci anni. In caso contrario è meglio il dissesto come voci autorevoli del Consiglio Comunale auspicano.
Come Ente in predissesto, il Comune di Messina può dire che nella sua storia amministrativa non si è fatto mancare niente e tra svincoli autostradali mai interamente operativi, trasporti urbani inesistenti, spazzatura per le strade, dipendenti pagati con ritardi cronici, imprese d’attraversamento monopolistiche che fanno il bello ed il cattivo tempo con i “loro” autoarticolati che scorrazzano liberamente per la città, è riuscita ad essere anche l’unico Ente Locale in Italia a sottoscrivere dei contratti di borsa (i c.d. derivati o Swap) che prevedevano una solo “vittima” se stesso ed un solo “carnefice”, quello stesso Istituto di Credito, la BNL, che per decenni ha svolto il servizio di cassa e tesoreria per il Comune.
“Questo è un caso unico dove le responsabilità potrebbero essere anche di carattere penale. Dichiara il Dott. Giuseppe Cannizzaro, l’esperto che il Comune di Messina ha dovuto chiamare per riuscire a “capire”, dopo anni e 7 ricapitalizzazioni del debito con conseguenziali Determine Dirigenziali sempre più peggiorative delle proprie condizioni contrattuali, che “caspiterina” di contratti derivati aveva sottoscritto il Comune sin dal 2003.
“Questa è la prima volta che si verifica, continua il Dott. Cannizzaro, almeno in Italia e che io sappia, il caso di un contratto Swap che non può “swappare”. Sostanzialmente è come se lei avesse fatto una scommessa dove diceva: Se esce croce vinci tu, se esce testa vinci sempre tu solo che nel primo caso ti darò solo 100 nel secondo caso 200. E’ questo il vero scandalo, immagini che quando ho letto tutte queste carte e le ho lette più volte, pensavo che non fosse possibile e che ero i che stavo sbagliando qualcosa…perché non possibile fare una scommessa dove non vi è nessuna possibilità di vincere”.
La vicenda dei contratti derivati sottoscritti dal Comune di Messina colpisce per alcuni rilievi di carattere generale che pur essendo datati nel tempo influiscono ancor oggi sull’attuale piano di riequilibrio per ben 9 milioni di euro ed il rischio di doverne pagare ben 25 milioni se il comune dovesse perdere la causa.
Cosa sono i contratti sottoscritti dal Comune lo spiega bene il Dott. Cannizzaro “I contratti derivati sono una scommessa e al verificarsi di un evento ci sono dei flussi economici che possono andare a favore o contro una delle parti, si chiamano Swap (barattare, dare in cambio) appunto per questo. Questi contratti (sottoscritti dal Comune di Messina) sono in realtà dei contratti che non possono mai “Swappare”. E’ come una macchina che non può mai camminare, una nave che non può galleggiare…in qualunque circostanza (nel caso di specie) qualunque valore assuma l’Euribor a 6 mesi (il tasso d’interesse e la sua oscillazione su un capitale fisso preso a riferimento per la scommessa ) il Comune pagherà sempre. Quindi non si può dire Swap perché uno “scambio” tra le parti non vi sarà mai e cioè i flussi finanziari saranno sempre unidirezionali.
In altri termini, i contratti che nel 2003 il comune di Messina aveva sottoscritto avrebbero dovuto prevedere che al verificarsi di una certa condizione, le variazioni sul tasso Euribor appunto, vi fossero tra le parti un dare ed avere positivo o negativo, e già solo per questo ci si domanda quale interesse potesse avere un Ente locale a sottoscrivere questo tipo di contratti borsistici. Ma la vera stranezza, come rilevato dal consulente, è che gli Istituti di credito, nel caso di specie BNL e DEXIA, risultano essere allo stesso tempo produttori, promotori, consulenti e controparti dirette del proprio cliente, il Comune di Messina.
E’ ovvio che se sono una controparte i miei interessi non possono essere coincidenti con l’altra parte e se poi sono anche il consulente dell’altra parte domandarsi perché oggi abbiamo una spada di Damocle da 25 milioni che ci pende sulla testa è abbastanza superfluo.
La relazione è chiara, nel giro di quattro anni il Comune di Messina ha sottoscritto ben 7 contratti derivati che erano una rimodulazione peggiorativa delle condizioni del primo contratto del 2003. A fronte delle sottoscrizioni il Comune ha ricevuto anticipazioni per circa 3 milioni e mezzo di euro ma ha assunto obbligazioni per 25 milioni che verranno a scadenza nel 2036, salvo che un giudice non ci dia ragione nelle due cause accese contro gli Istituti di credito.
“Non si tratta d’ignoranza dei tecnici dell’amministrazione comunale, continua l consulente, perché anche un professore universitario non è in grado di decifrare un contratto derivato. Ed infatti, si prevede che l’istituto bancario sia anche un consulente, obbligato a fornire un’attività di consulenza. Ed io ho sollevato proprio questo punto, perché vi sono degli aspetti tra l’attività di consulenza della banca e il suo essere parte nello stesso contratto di swap che comportano sicuramente delle responsabilità sia civili che penali, perché il testo unico dispone che il proponente (la BNL e la DEXIA nel caso del Comune di Messina) opera sempre in forza della causa mandanti (come consulente) e non in forza della causa vendenti (come parte del contratto di swap).
Che i dubbi sull’esito positivo per il Comune di Messina delle cause accese siano fondati dipendono da due ordini di circostanze. La prima riguarda la vicenda del sequestro preventivo e conservativo che il Comune aveva azionato in sede penale per 18 milioni di euro, sequestro disconosciuto dalla Corte di Cassazione Penale perché non vi è stato nessun danno effettivo non avendo il Comune esborsato neanche un euro. Ed infatti il Comune nel caso dei derivati in parola ha preso un anticipo di circa 3 milioni e 500 ma ha assunto solo un debito di 25 milioni non ancora onorato.
Ma tralasciando gli aspetti tecnici giuridici che in sede penale non sono entrati nel merito della vicenda è la seconda circostanza, che vede il Comune di Messina e i suoi funzionari sottoscrivere oltre ai contratti anche, di volta in volta, un documento con il quale dichiaravano di essere un operatore (finanziario) qualificato, che lascia perplessi rispetto all’esito delle cause in sede civile.
“Il Comune ha sottoscritto un atto in cui si dichiarava “operatore qualificato” ed è stata questa la difesa in giudizio delle banche, conclude il Dott. Cannizzaro. In altri termini il Comune ha sempre sottoscritto un atto con il quale dichiarava di “capire” i contratti “Swap”…anche se la giurisprudenza recente riconosce che la sottoscrizione può essere annullata dalla prova contraria e nel caso dei contratti derivati è molto semplice perché un qualunque funzionario non può essere in grado di decifrare un derivato…ma qualora fosse un vero operatore qualificato sarebbe ancor più grave perché significa che scientemente ha sottoscritto e avvallato questi contratti palesemente dannosi per la collettività”.
Sono stati proprio questi dubbi che hanno consentito all’amministrazione di considerare questo caso come altri casi analoghi, debiti potenziali che “difficilmente” si dovrebbe un domani essere chiamati a onorare e pertanto, rispetto ad un debito formale di 25 milioni nel piano decennale, si è prevista una copertura del debito dei derivati pari solo a 9 milioni di euro.
Questo scollamento rapportato all’intero piano decennale determina che il Comune di Messina di fatto è debitore di oltre mezzo miliardo di euro. Infatti, lo scollamento tra le cifre del piano e quelle reali, sia pure solo formalmente reali, dipendono dalla stima prognostica del contenzioso aperto e dalla valutazione dei debiti fuori bilancio certi o potenziali. Ne deriva che per alcuni debiti, i certi, si è prevista una copertura del debito pari al 100% e per gli altri una copertura al 50% o al 25% del debito potenziale a secondo le maggiori o minori possibilità di vittoria delle causa civili che vedono interessato il Comune . Come se non fosse già leggenda, sia pure metropolitana, che il Comune di Messina non ha mai vinto una causa.
Pertanto le cifre reali, sia pure solo formalmente, risultano essere le seguenti: Per debiti già censiti 109.768.130,12 € già interamente ricompresi nel piano, per debiti latenti non ancora manifestati avremo 75.232.842,49 € con accantonamento nel piano al 100%; 198.251.017,38 € con accantonamento al 50% (per un accantonato pari ad 99.125.508,69 €.); 155.000.000,00 € con accantonamento al 25% (per un accantonato pari ad 38.750.000,00 €) e un totale complessivo per i debiti latenti di 428.483.859,87 € (di cui accantonati per il piano di riequilibrio sono solo 213.108.351,18).
Ne deriva che il debito formale del Comune di Messina al 31.12.2013 è pari a oltre 537 milioni di euro.
Pietro Giunta