«Per le condizioni in cui è Messina distinguere tra centro-destra e centro-sinistra è abbastanza artificiale, sia nel bene che nel male». Mancano tre settimane al voto che porterà i messinesi a scegliere il loro nuovo sindaco dopo dieci mesi di commissariamento a Palazzo Zanca. La corsa per accaparrarsi la poltrona è in fase avanzata: Renato Accorinti, Felice Calabrò, Vincenzo Garofalo, Maria Cristina Saija, Gianfranco Scoglio e Alessandro Tinaglia sono in piena campagna elettorale da mesi. E quello sopra è il giudizio del professore Antonio Saitta: avvocato, docente di Diritto Costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza di Messina, ex vicesindaco della Giunta Genovese, candidato del Partito Democratico al Senato alle ultime elezioni e militante Pd.
«Si sarebbe dovuto cercare di fare una coalizione che, spaccando centro-destra e centro-sinistra, mettesse insieme persone di buona volontà e consapevoli che il prossimo sindaco si farà cinque anni di inferno per risanare e dare ordine al Comune perché si torni alla normale dialettica politica». Il professore Saitta è ben consapevole delle difficoltà in cui naviga – a vista – il Comune di Messina.
Forse lo è anche più dei singoli candidati, che aspirano a governare una città con i conti disastrati. «Questo sindaco avrà da pagare gli stipendi, riorganizzare gli uffici senza poter assumere…l’unica importante che si può fare, a costo zero o quasi, in questi cinque anni sarà un piano regolatore da consegnare al prossimo sindaco. Si farà, o si continuerà a fare la sagra della ricotta a Roccacannuccia?».
Dubbi che l’ex vicesindaco snocciola come dati del fallimento della politica messinese degli ultimi decenni, e che portano a domandarsi perché tante persone vogliano diventare sindaco in questo momento: «La ragione consiglierebbe di non impelagarsi in una situazione amministrativa sostanzialmente al dissesto, al di là del fatto formale se sia stato deliberato o meno. Alle emergenze ordinarie si affiancheranno emergenze straordinarie, determinate dall’impossibilità di fronteggiare i servizi essenziali».
Uno scenario apocalittico, quello descritto da Saitta, che non viene mitigato neanche dalla constatazione che a Messina, durante la prossima amministrazione, pioveranno finanziamenti dall’Unione Europea: «I fondi europei ormai sono l’unica opportunità per fare investimenti strutturali e produttivi nelle città. Il problema è che sono fondi per investimenti e non per l’ordinaria gestione. Messina non è in condizione di affrontare le spese quotidiane: quelle di un decente servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per le manutenzioni ordinarie delle strade o della pubblica illuminazione, per il trasporto pubblico. La città, poi, sconta gravi ritardi perché tante progettazioni si sarebbero dovute fare negli anni passati e non sono state fatte o sono state fatte male e non hanno ottenuto il finanziamento europeo».
La bocciatura del passato messinese è sonora e senza sconti per nessuno. Ma il professore Saitta ripone poche speranze anche per il futuro: «Mi auguro che chi si candidi lo faccia non tanto perché pensa di lucrare un vantaggio personale, anche in termini di popolarità o di consenso politico, ma per dare un servizio alla nostra comunità». L’avviso è chiaro: che nessuno pensi di usare la carica di primo cittadino come trampolino di lancio per fare carriera; il prossimo sindaco sarà di servizio, una sorta di secondo commissario – dopo Luigi Croce – che rimette a posto i conti e lascia lo scettro al prossimo.
Ma chi sarà disposto a passare per il sindaco delle “lacrime e sangue” e lasciare una vittoria sicura all’avversario, che coglierà i frutti del suo lavoro per vincere le elezioni fra dieci anni? Servirebbe uno statista, innamorato della città al punto da stroncarsi la carriera politica. Oppure un sindaco che si trovi a suo agio all’inferno.