Un solo uomo al comando

“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:

Di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione”.

 

 

Esiste un presidio medico alle isole Eolie dove l’etica della responsabilità è portata avanti con costi e sacrifici enormi. Lo spunto per la descrizione di questa realtà mi è stato offerto da due episodi di vita vissuta. Un taglio e un’escoriazione. La visita dal medico in questi casi è normale. Alla prima visita l’atmosfera è tranquilla. Due medici fronteggiano le piccole e grandi emergenze. Sono le 15.00 del pomeriggio.

Il secondo appuntamento con il medico del presidio è alle 22.00. Gli occhi osservano una realtà caotica, in cui un solo uomo deve fronteggiare più casi, con il sottofondo di un telefono che squilla in continuazione, e un ambiente, – lo stesso che ho vissuto nelle ore pomeridiane –che risente della politica dei tagli e dei ridimensionamenti continui.

Da paziente ad agitatore di idee, risposte e lumi il passo è breve ma anche più deciso. Così cerco delucidazioni. Dalle venti alle otto del mattino seguente c’è solo un professionista di servizio. L’altro, se presente sull’isola, anche se libero da impegni, non può esimersi dall’intervenire, se necessario. Lo stesso spesso trascura la vita privata, perché antepone il dovere professionale a tutto il resto. Ma procediamo per gradi, così da offrire al lettore un ritratto più autentico delle condizioni della sanità nelle isole minori. Per queste isole è stato pianificato un progetto chiamato “Eolie net”pagato e finanziato profumatamente. Illuminanti le conclusioni che si leggono nel piano- promozione: “Il progetto si presenta come una grossa opportunità di erogazione di servizi“appropriati” non solo in zone difficili quali possono essere Piccole Isole, Comunità montane isolate ma anche in contesti particolari quali i Penitenziari e Strutture Territoriali complesse in cui la deospedalizzazione integrata dei servizi viene a richiedere prestazioni territoriali alternative”. Le parole e le intenzioni sono lodevoli, salvo poi scoprire che i mezzi e i macchinari necessitano di uomini e personale medico in unità necessarie. Il problema così acquista toni allarmanti, su più direzioni: sia sul fronte strettamente clinico che economico.

Infatti, gli strumenti presenti, se resi operativi a tutte le ore, permetterebbero al presidio ospedaliero, di effettuare diagnosi differenziate e stabilire se il paziente è affetto da una patologia che necessita dell’intervento dell’elisoccorso e il trasferimento nell’ospedale più vicino (con enormi costi) o il riconoscimento di una patologia di lieve entità che può naturalmente essere gestita in loco. È insomma il caso, -giusto per fare un esempio- di un semplice esame degli enzimi cardiaci, il cui risultato negativo discerne un infarto da un semplice dolore intercostale. È un ritratto impietoso quello che esce fuori, dopo una semplice visita medica. Trabocca il dissidio interiore di una vita professionale scissa tra il bene del paziente e la vita familiare, spesso trascurata, e ancor di più la professionalità quasi istrionica dei dottori che si destreggiano tra casi clinici e umani. Succede a Panarea che i medici non abbiano un mezzo di locomozione per spostarsi perché un motorino è fermo a San Pietro Patti in attesa della regolamentazione delle targhe. Succede a Panarea che l’ambulanza funzioni ma sia a turno guidata dal ciabattino, dal barcaiolo, dal pittore e dall’operatore ecologico. Succede a Panarea che lo spirito di servizio è ripagato con un abbraccio di zio Felice. Succede in un’Italia, in cui tutti parlano di tagli, nessuno degli sprechi, e in cui prima di un’emergenza devi pregare che ti ammali nell’ora giusta e che il cielo ti assista.

In appendice la lettera sfogo di un medico delle isole di serie B:

Egregio signor commissario Asp 205, dottor F. Poli, la presente è volta a far sì che in un momento così delicato del nostro paese anche i medici di C. A. delle isole Eolie contribuiscono con i giusti sacrifici che lo spirito nazionale e la nostra coscienza di italiani ci uniformi a contribuire quanto più possibile a far risparmiare lo Stato. All’uopo abbiamo pensato bene di svolgere contrariamente a come fatto negli anni precedenti quando erano in carica due medici nel periodo estivo il servizio C. A. con una sola unità. Questo oltre all’innegabile risparmio comporterebbe una maggiore serenità nello svolgimento delle mansioni che ci competono. Dal 1512 2011, infatti, non riusciamo più a comprendere come assolvere il nostro dovere. Tutto appare così confuso e contraddittorio che siamo in crisi d’identità. Di seguito spieghiamo le nostre motivazione e la preghiamo di illuminarci.

Il 15 dicembre 2011 perviene un fax ai presidi che comunica l’interruzione del raddoppio.

In seguito perviene un fax ove si dice che il famoso progetto “Eolie net” (che come ben si sa prevede l’impiego di due medici nelle ore di plus orario (come se le persone si sentissero male ad orari prestabiliti).

Un nuovo fax comunica che il servizio di C. A prevede due unità operative dalle otto alle venti.

Ora sembrerebbe, il condizionale è d’obbligo, (vista la crisi d’identità in cui ci troviamo) che qualche articolo del nostro codice professionale e penale così reciti: “Il medico non può esimersi dal prestare la propria assistenza e opera e che tutti i mezzi disponibili devono essere dallo stesso messi in atto a favore della salute del paziente. Non le sembra giusto chiudere il progetto Eolie net e portare via qualsiasi strumento che lo rappresenti?

Le sembra giusto che un medico metta in gioco la propria incolumità? Forse non potrebbe farsi male? Quale assicurazione lo tutela?