Non era solo un magistrato che decide negli anni più caldi e fertili della mafia di schierarsi con l’antimafia, divenendo simbolo di questa lotta, ma era soprattutto un uomo, un uomo capace di ‘restare’.
“Un uomo destinato a vivere nelle parole e nei gesti di altre persone, per sempre”!
Come dimostra l’ex uomo d’onore Vincenzo Calcara, che ha visto e riconosciuto in Borsellino una figura quasi paterna, portatore di tutti i valori che dalla nascita gli erano stati negati, ed ha trovato in questi valori la forza per ricominciare con una nuova famiglia e una nuova vita.
Salvatore Borsellino, come si legge dal memoriale su Vincenzo Calcara, scrive: “Calcara è uno dei pochi collaboratori di Giustizia che possono veramente essere chiamati ‘pentiti’.
In lui l’incontro con Paolo Borsellino provocò una profonda crisi e un sovvertimento dei valori ai quali era stato indotto a credere fin da bambino. Oggi per lui la ‘Giustizia’ e il ‘Bene’ sono sopra di tutto ed è tanto più da ammirare poiché quelle Istituzioni nelle quali oggi lui crede fermamente le vede ogni giorno infangate da chi, indegnamente, le occupa e quello Stato che per lui rappresentava il nemico da combattere o nel quale infiltrarsi capisce oggi come abbia contribuito all’assassinio del “suo” Giudice e come non voglia e non possa, perché esso stesso responsabile, rendergli Giustizia”.
O Rita Atria, la coraggiosa diciassettenne siciliana, figlia del Boss della famiglia Partanna, morto egli stesso per mano mafiosa, insieme al figlio. Le sue testimonianze, divennero fondamentali per le indagini su quella che fu definita la “seconda guerra di mafia”, conflitto interno a Cosa nostra che iniziò nel 1978 e si terminò nel 1983.
Ripudiata dalla madre, lontano dalla sua terra, riesce a trovare in quest’uomo speciale la sua ancora di salvezza nei momenti di sconforto, la sua nuova famiglia.
Fino al 19 luglio 1992, giorno della strage in via d’Amelio. Nuovamente sola, decise di suicidarsi lanciandosi dal settimo piano del suo appartamento romano, pochissimi giorni dopo la tragica scomparsa del noto magistrato.
“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci.
Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.
Un fiore fragile Rita, capace di germogliare su una roccia, ma non ancora in grado di resistere alle intemperie. Per la seconda volta la mafia gli strappava via le speranze, gli affetti.
Vincenzo Calcara, oggi, uscito volontariamente dal programma di protezione, vive con la nuova compagna e le quattro figlie avute con lei, dopo che la famiglia precedente l’ha abbandonato a seguito della sua scelta.
Oggi le figlie lo affiancano e incoraggiano.
Non ultima, infatti, la partecipazione attiva insieme alla figlia maggiore, Lucia Calcara a un incontro di legalità, con i ragazzi delle scuole superiori in Piemonte.
Così continua ai nostri microfoni:
“‘Donna Agnese’, dopo la morte di Borsellino, per me è stata una figura ancora più importante, per le mie figlie oggi è come se fosse la loro nonna, non posso non ricordare l’emozione che mi attraversò nel presentargliela, e nel portargli nel luogo della sepoltura di Paolo. Ho filmato quel momento, e ne sono particolarmente geloso”.
Sbalordisce come un uomo, la spina più pungente di Castelvetrano, il ‘mafioso riservato’, quello delle ‘cose pulite’, di ‘precisione’, dopo il suo arresto abbia totalmente cambiato il suo modo di pensare, abbia rinunciato all’educazione mafiosa, rischiando la sua stessa vita.
E se, inizialmente, ci si potrebbe approcciare a questo nuovo uomo con diffidenza, basta guardare le sue figlie, risultato di un amore e conversione profonda.
.…… la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.
Paolo Borsellino
In allegato i
Memoriali di Vincenzo Calcara, scritto da Salvatore Borsellino – Federico Elmetti