Un uomo è stato minacciato di morte

Verremmo dirgli che non è niente.

Vorremmo dirgli fatti forza è solo un tentativo per farti tacere e uccidere il tuo grande coraggio di denunciare. E Vorremmo…
Il 30 di Novembre 2012 in località Falerna (Cz) alle ore 12.55 un uomo è stato minacciato di morte. “Il Natale lo vedi col binocolo e sotto terra lo vedi”, gli ha detto una voce in dialetto calabrese, un’inflessione dialettale la cui musicalità non può essere messa in dubbio. E’ proprio per questo ancor più terrificante nel suo continuare “ Hai proprio fatto una cagata, prima di parlare devi conoscere la gente … è di ho detto tutto.”
Non conosciamo il contesto, non sappiamo se era un imprenditore o lo scampato ad un attentato. Conosciamo i fatti da un video girato da Luigi Pellazza delle Iene, che mentre era intento a fare un’intervista ha avuto l’occasione di registrare la telefonata di minaccia ed un video dell’accaduto.
Prima del 30 Novembre non conoscevamo neanche il potere delle parole, la loro capacità di trasformare un uomo forte e sicuro in un uomo disperato e angosciato. Non davamo alla minaccia il giusto significato, e rispetto alla violenza o all’omicidio la relegavamo ad un reato minore e di poco impatto… poi le lacrime di quest’uomo, il suo singhiozzare profondo, il suo nascondersi alle telecamere che lo inseguivano nell’intimo della sua disperazione ci hanno richiamato alla realtà. Ci siamo senti colpiti e scossi, non abbiamo visto violenza e sangue ma abbiamo visto e sentito qualcosa di peggiore. Una bastonata micidiale, un colpo di cannone o di una mitragliatrice calibro 50 alla mente e alla psiche di un uomo.
Ci siamo visti e rivisti nel viso di quella donna in nero, la moglie o una parente, che attonita e indecisa davanti alle telecamere per un attimo non sapeva cosa fare e come confortare… poi sicura del suo ruolo seguiva l’uomo nella profondità della sua disperazione e quel “ti prego… ti prego” hanno tutta la forza e il carattere delle donne del Sud che sanno e hanno visto troppo.
Durante la telefonate le labbra dell’uomo si sono dapprima serrate e poi leggermente socchiuse prima di ritornare a serrarsi. Lo vediamo improvvisamente a boccheggiare per mancanza d’aria, si guarda in giro con sguardo attonito e confuso mentre interno a lui il giornalista e la donna parlano dell’accaduto. Lo rivediamo in un movimento plastico e nello stesso tempo artistico, due mani che salgono a coprire il viso seguite subito appresso dalle braccia mentre le mani continuando il percorso arrivano a coprire l’intero capo. Sembra che tenti di proteggersi dal colpo che gli è stato inferto. Intanto nella sua mente le parole “Il Natale lo vedi col binocolo e sotto terra lo vedi” sono quelle pallottole che squarciando carne e ossa, neuroni e sinapsi, colpiscono in profondità la sua prische.
Non rimane che il pianto e il singhiozzo di un uomo ferito. Un uomo che mentre denunciava un fatto di mafia, mentre era esposto e indifeso davanti alle telecamere viene colpito proprio da quella stessa mafia che voleva denunciare. Contrariamente a quanto si possa pensare non lo considero un debole… anche se è radicata la convinzione che un uomo che piange sia un debole. Non lo considero un fesso perché non si è fatto i fatti suoi, come molti fanno e vorrebbero che anche gli altri facessero.
Ai mie occhi appare un eroe d’altri tempi e un partigiano moderno. Anche i nostri partigiani hanno pianto per le torture, per le ferite o per il freddo che entrave nelle ossa lassù sulle montagne. E come un partigiano che ha continuato a combattere nonostante tutto lo lasciamo mentre, mano nella mano con la sua donna in nero del Sud, si accinge a ritornare davanti alle telecamere più tenace che mai.
E vorremmo dirgli che non è niente. E vorremmo dirgli fatti forza.

E Vorremmo…
Pietro Giunta