Bene Comune o Bene collettivo

Dalle parole ai fatti, ma solo dopo essere passati per una teoria che vorrebbe avere la presunzione di superare l’Illuminismo e la netta separazione tra bene privato e bene pubblico a favore di una non bene definita proprietà comune o collettiva che già nei termini potrebbe spostare il baricentro della discussione verso la dottrina marxista della collettivizzazione dei beni di proprietà e di produzione. Niente di più errato e chi ha avuto la fortuna di partecipare al convegno che si è tenuto il 5 Aprile a Messina, presso il solone delle Bandiere del Comune, nell’ambito del Laboratorio per i beni comuni, istituito con un atto d’indirizzo della Giunta Comunale, ha bene inteso che lo scopo qualificante è quello di creare una coscienza comune, un sentire collettivo finalizzato alla partecipazione democratica dei cittadini nelle scelte di governo dell’Ente locale; al recepimento delle istanze sociali di riutilizzo del patrimonio materiale e immateriale del comune di Messina; alla regolamentazione delle istituzioni partecipative e degli usi civici dello Statuto Comunale di Messina.

Alle presenza del Sindaco Renato Accorinti, delle numerose personalità della Giunta Accorinti, di Ugo Mattei, (famoso giurista che insegna a Torino e in California, teorico di questa nuova filosofia del “Bene Comune” e uno dei relatori e redattori dei quesiti referendari che hanno visto gli italiani votare compatti contro la privatizzazione dell’acqua come bene comune), dell’Arch. Luciano Marabello, nominato esperto del Sindaco all’interno del Laboratorio e del deputato regionale Valentina Zafarana del M5S, il convegno ha fondato gli interventi dei vari relatori su l’impianto tecnico-giuridico del Prof. Paolo Maddalena, giurista e vice-presidente emerito della Corte Costituzionale ed anche lui nominato esperto del sindaco per il tavolo tecnico del Laboratorio.

Ed è proprio dal lavoro del Proff. Maddalena che bisogna partire anche prima di sentire direttamente i protagonisti per avere un’idea, sia pure parziale e limitata, di questa nuova categoria giudica del bene comune o collettivo. E per fare ciò il Proff. Maddalena ci riporta al Diritto Romano e a Marciano, vissuto nel terzo secolo dopo Cristo, per il quale «res communes» va tradotta in italiano con l’espressione «beni comuni». Quei beni come l’acqua che appartengono a tutti e servono all’uso gratuito di tutti. Il referendum del 2011 sulle reti di distribuzione dell’acqua ha dimostrato che i «privati», e cioè i «proprietari privati», non possono occupare campi che, per essere strettamente connessi alle esigenze primarie della vita umana, devono restare nella proprietà di tutti, quella che più propriamente è detta «proprietà collettiva» del popolo. Il diritto Naturale che ante-litteram possiamo considerare l’equivalente delle Diritto all’Ambiente e alla sua Tutela.

Già da questa considerazione possiamo dire che il Proff. parla di una proprietà collettiva dei popoli e piuttosto  che sui beni l’accento è posto sulla titolarità di essi. In altri termini, vi sono dei beni, come l’aria, la luce del sole, l’acqua, le foreste, i mari ecc, che non possono o meglio non dovrebbero essere né pubblici né privati ma collettivi e cioè di tutti gli uomini. Io aggiungerei di tutti gli esseri viventi.

Una altra considerazione necessaria di questo assunto è che l’uomo non può vivere da solo ma in una collettività e che pertanto l’unica forma di Stato che può regolamentare questo vivere insieme nel rispetto e nella tutela dei beni necessari alla sua esistenza è lo Stato Sociale. Quello Stato, come il nostro, che già nella Costituzione prevede limiti ben precisi sia alla proprietà privata che a quella pubblica.

Dal diritto alla filosofia il passo è breve e su questa strada riuscire a trovare le radici intime dell’uomo non solo con la terrà, intesa in senso ambientale, ma con la sua terra, intesa come appartenenza a una comunità o una collettività, portano il Giurista a riscoprire Pitagora e Empedocle da Siracusa, Romolo e i Romani, (L’essenza di questo concetto sta nel concepire la «parte» come «elemento strutturale» del «tutto». Lo chiarirono, nel terzo secolo avanti Cristo, Pitagora di Siracusa ed Empedocle di Agrigento 6, i quali concepirono «l’uomo» come «parte costitutiva» del «cosmo». In sostanza, come ha affermato di recente papa Francesco, occorre partire dal concetto dell’«armonia» universale e ritenere che l’uomo è parte essenziale dell’universo, ha un «suo posto» nell’universo, per i fini che questo deve raggiungere.), sino ad arrivare alla comunità di uomini legati ad un territorio. (E questo sentirsi parte di una comunità, si badi bene, non si limitò agli esseri umani, ma investì lo stesso «suolo di Roma», il «territorio romano», elevato a elemento distintivo della stessa «romanità». E si capisce agevolmente che questo rapporto tra popolo e territorio non fu mai concepito come un rapporto di «dominio» e di sfruttamento, ma come un rapporto di natura quasi «personale», poiché il territorio, come si è accennato, fu visto come qualcosa di strettamente legato alle persone, addirittura, come si è accennato, un terrae torus, un letto di terra. Dunque, fin dalle origini, e nel senso su esposto, si parlò del «rapporto di appartenenza» del territorio al popolo, e cioè di una «proprietà collettiva», che è insita nella «somma dei poteri sovrani» spettanti al popolo.)

Il discorso, contrariamente a quanto pensiamo, non è molto lontano dal comune sentire. Anche nel lessico comune si parla di “proprie radici”, di Sicilianità, di Messinesità, ecc. Se questi sono i parametri del discorso, vedere come questo si possa realizzare attraverso Il laboratorio dei beni comuni voluto dalla Giunta Accorinti è alla base delle interviste che abbiamo realizzato con l’Arch. Luciano Marabello, l’Assessore al Patrimonio Proff. Guido Signorino, il Giurista Ugo Mattei ed altri. Interviste che per la loro specificità ci danno uno spaccato delle “diverse” e variegate posizioni che pur avendo uno scopo comune non possono non differenziarsi in base alle singole professioni degli intervistati e vorrei dire in base alle diverse sensibilità.

Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare di volta in volta le singole interviste, questo ci consentirà d’affrontare l’argomento da diverse angolazioni con il convincimento che la riflessione non può finire con queste pagine ma deve continuare nella città e con i suoi cittadini. I Messinesi, appunto. 

Pietro Giunta