Una storia che non sta in piedi

“Una storia che non sta in piedi”

Questa di Anna è una storia unica che racconta come il coraggio e la voglia di vivere possono vincere sulla infermità, sul dolore, sulla paura. Il percorso che Anna descrive, a tratti duro, terribile al punto da non sembrare reale, suscita sensazioni forti, a volte troppo forti per non lasciare sgomenti, per poi portare incredibilmente al sorriso, alla serenità di una battaglia comunque vinta. La forza di Anna è l’aver trovato la

chiave giusta per unire una volontà fortissima a un’anima impetuosa che insieme hanno in qualche modo riassettato i comandi di un corpo che erano stati stravolti e non riuscivano naturalmente ad operare. Fondamentale il ruolo svolto dall’amore materno, a volte duro, irremovibile, padrone; a volte dolce, rassicurante, avvolgente, deciso a “rimediare” ad una colpa che non aveva.

Manuela Di Centa

 

Nota degli autori

A causa di una nascita asfittica per mancata assistenza al momento del parto sono una persona definita “diversamente abile”. Durante la prima infanzia i migliori specialisti italiani mi hanno pronosticato una vita sulla sedia a rotelle, senza alcuna possibilità di parlare né di camminare. Grazie alle numerose terapie seguite – e al forte impegno quotidiano – la diagnosi infausta (per fortuna) si è rivelata sbagliata. Infatti, nonostante abbia delle difficoltà di movimento, ho una vita completamente autonoma e ricca di interessi.

Crescendo e progredendo, ho sentito l’esigenza (quasi  l’obbligo) di dedicarmi alle persone con problemi di vario genere, che non hanno potuto raggiungere la mia condizione. In passato ho preso parte a diverse campagne in favore dell’integrazione sociale. Da molto tempo avevo il desiderio di scrivere la mia storia, perché ritengo che possa essere di aiuto e soprattutto di stimolo a quelle persone che vivono in situazioni analoghe o peggiori della mia. In particolare, questa mia volontà è nata da un’esperienza ben precisa: aver

fatto la protagonista di un calendario (“Angeli nudi”), in cui sono apparsa in pose provocanti. La missione era quella di trasmettere il messaggio che una persona disabile puo’ essere anche una… star. Quindi, un piccolo modo per eliminare le barriere culturali fra normalità e diversità. In seguito a questa iniziativa, molte persone si sono rivolte a me per chiedere consigli, suggerimenti o anche solo per la voglia di conoscermi e dimostrarmi la loro ammirazione e anche la gratitudine per essermi esposta. Proprio sulla scia di questa esperienza molto interessante mi è venuto il desiderio di scrivere il libro, così da poter mettere la mia vicenda a disposizione delle persone che si trovano in una condizione analoga o peggiore della mia. Con la speranza, senza falsa modestia, di dar loro un esempio di forza, di coraggio e di amore per la vita. nonostante tutto.

Anna Gioria

 

 

Quando Anna mi ha raccontato la sua storia, il libro della sua vita era già pronto: bastava copiarlo dalle sue parole. Era un racconto che emozionava e prendeva come pochi: dal momento della nascita, drammaticissimo, alla conquista -faticosissima, lentissima – di quei movimenti essenziali che i

bambini senza problemi raggiungono in modo rapido e spontaneo. Dal giro del mondo da un medico all’altro (compreso qualche ciarlatano) alla vita di oggi (due lauree, un lavoro in

ufficio), che fra mille difficoltà è assolutamente degna di essere vissuta. Mentre scrivo la mia motivazione di questo libro, non ho ancora letto quella di Anna. Suppongo che lei faccia riferimento all’esempio e all’incoraggiamento che vorrebbe dare a tutte le persone, forse meno fortunate, ma anche più

rassegnate di lei. La mia è una motivazione più semplice e impulsiva: trovo la sua vita straordinaria, piena di cose da raccontare, interessanti in sé e con una forza poetica che va al di là dei fatti narrati. La sua vita prende di petto e indaga da vicino il mistero della vita stessa e la fragilità della condizione umana. Parla della battaglia quotidiana per reggersi in piedi e muovere qualche passo sensato. Alla lettera

e in senso metaforico. Direi che può bastare. Giorgio Caldonazzo

 

 

Anna Gioria
Giorgio Caldonazzo

 

“Una storia che non sta in piedi”

 

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