UniMe e statuto; continua la farsa di Tomasello

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO A NOME DEL COMITATO UniMe in Protesta

 

Nonostante l’apertura dimostrata da parte dell’Università, la conferenza d’Ateneo di venerdì 29 maggio ha dimostrato come l’Ateneo messinese sia ormai ostaggio di un sultano che impone il suo diktat a tutta la comunità accademica. E se, per ragioni di opportunità, non alza la voce e sbraita com’è solito fare, non risponde alle questioni che gli vengono legittimamente poste, liquidandole con un “valuteremo”

Dalle sue parole, l’Ateneo sarebbe una sorta di gioiello del sistema formativo italiano, l’emblema della capacità accademica di incidere nel dibattito culturale e scientifico internazionale.

Invece i problemi ci sono e a viverli giornalmente sono soprattutto gli studenti che, soprattutto quest’anno, sono stati vittime di soprusi inaccettabili: ritardi nell’avvio dei corsi, tasse richieste per servizi non prestati, espulsione dai processi decisionali di tutti quelli che, come noi, cercano di mettere in discussione l’organizzazione che l’Ateneo si sta dando.

L’ateneo di Messina, secondo il Rettore, risulterebbe essere autonomo da qualsiasi potere politico esterno: dopo un intervento durato circa mezz’ora si è aperto il dibattito e siamo intervenuti.

Il nostro striscione recitava: “un lucchetto non può chiuderci la bocca”, in riferimento alla ben nota chiusura dell’aula ex Chimica.

Abbiamo sottolineato che la riforma sullo statuto e la relativa discussione non è solo un momento per mostrare in pubblico la propria erudizione giuridica: una discussione sulla riscrittura dello statuto dovrebbe abbracciare la totalità dei campi della vita accademica.

Abbiamo fatto notare che l’Ateneo non è del tutto autonomo come vuol far credere il Rettore: l’occupazione dell’incubatore d’imprese da parte di Eurolink compiuta con l’appoggio determinante dell’Ateneo ne è la dimostrazione.

Abbiamo contestato aspramente il numero chiuso imposto dal Senato Accademico a tutti i corsi di laurea perché a nostro avviso non è una misura del merito ma solo una chiusura per chi non può permettersi una raccomandazione.

Alle parole del Rettore, secondo cui “non possiamo permetterci di mantenere all’università studenti inattivi”, noi abbiamo sostenuto che non possiamo permetterci che l’Ateneo sia governato da un Sultano pluri-rinviato a giudizio per reati contro l’università.

Sulle questioni strettamente legate allo statuto abbiamo contestato il principio secondo il quale “l’elettività delle cariche è espressione di una logica corporativa che deve essere abbandonata a favore della valutazione della qualificazione scientifica”: secondo l’Ateneo, e l’orientamento prevalente della Commissione Statuto, nel Cda i membri interni dovranno essere selezionati attraverso un complicatissimo sistema di rinvii dei quali non se ne comprende l’origine, a fronte di una più sana competizione elettorale tra i candidati. Mentre per noi risulta ancora valido anche se non del tutto soddisfacente, per limitare l’incrinatura privatistica che si sta verificando , il principio della rappresentatività elettiva.

Per i membri esterni previsti dalla legge Gelmini, abbiamo dichiarato l’insostenibilità di attribuire ad essi voto deliberativo nel caso in cui questi, essendo “privati”, non contribuiscano alla quota del Fondo di finanziamento ordinario dell’università sempre che non le limitino l’autonomia decisionale.

Per il Senato Accademico abbiamo proposto che il Rettore non assuma la carica di presidente, per limitarne l’influenza.

Inoltre, abbiamo denunciato la carenza di informazione sul portale Riforma@Unime che dovrebbe servire da volano informativo dei lavori di commissione e che invece risulta vacante di notizie.

Tante e tante altre cose, ma una è da sottolineare: la totale passività di una platea ormai sedata accuratamente dal potere, senza nessun sussulto di criticità. Nessuno, esclusi i rappresentanti dell’Udu e alcuni della Rete29 Aprile, che si sia alzato a sostenere la non ammissibilità di alcune dichiarazione e/o comportamenti tenuti da un Rettore che si lamenta della carenza di fondi concessi alle Università ma che all’interno della Crui ha espresso parere favorevole affinché questa fosse approvata in parlamento.

O siamo folli noi, oppure vale il ragionamento di cui sopra.

UniMe in Protesta

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