Unioni Civili, i 40 anni di Massimo e Gino

Il 31 ottobre 2020 in occasione del 40esimo anniversario del delitto di Giarre, evento che ha segnato la storia del Movimento Lgbt+, i fondatori di Arcigay in Italia Massimo Milani e Gino Campanella tornano nel Comune del catanese per unirsi civilmente, è la prima unione civile mai celebrata a Giarre nell’autunno in cui a Roma viene discussa la legge contro l’omofobia e la misoginia.

Giarre, quarant’anni dopo: nello stesso giorno in cui nel 1980 vengono trovati Giorgio e Toni mano nella mano uccisi da un colpo di pistola ciascuno Massimo Milani (1954) e Biagio “Gino” Campanella (1946) fondatori di Arcigay, decidono di tornare nel Comune vicino Catania per unirsi civilmente e riscattare la memoria degli “ziti” vittime della violenza delle loro stesse famiglie e della società. Un evento annunciato pubblicamente a Palermo durante la manifestazione corale voluta dal Palermo Pride lo scorso giugno e che vede affetto e partecipazione da tutta Italia: l’abito da sposa di Massimo è il primo regalo, in arrivo dall’atelier More, ed è stato aperto un crowdfunding a contributo libero per chi ha espresso il desiderio di sostenere la coppia, anche da lontano.

Massimo e Gino vivono insieme da oltre quarant’anni, l’esigenza di rendere ufficiale e legale la loro unione nasce da alcuni mesi di separazione forzata la scorsa primavera: controlli medici e terapie hanno costretto Gino nel letto di una struttura sanitaria di Palermo e a causa del lockdown Massimo non ha potuto raggiungerlo per tutto il tempo. “Il nostro è un matrimonio inutile e indispensabile – spiega Massimo Milani, attualmente presidente onorario di Arcigay – È inutile, perché nulla ormai ci può separare dopo tanti anni vissuti insieme, neanche la morte, forse. È indispensabile perché per due mesi siamo stati separati e isolati l’uno dall’altro. Due mesi durante i quali Gino lottava tra la vita e la morte. Due mesi che lo hanno visto poi miracolosamente risorgere a nuova vita mi hanno fatto cambiare idea. “Io questo uomo lo devo sposare” mi sono detta. Lo devo sposare per chiudere un cerchio, per vivere una festa rigenerante”. La cerimonia non poteva che essere organizzata in uno dei luoghi simbolo del movimento, tristemente indelebile nell’immaginario della comunità Lgbt+ e a memoria perenne di una morte ingiusta. “Non si tratta soltanto di tenere accesa la memoria di un terribile atto di violenza – sottolinea Massimo Milani – ma anche di rendere giustizia ai due ragazzi che forse ci guarderanno dall’alto e troveranno pace e serenità, oggi che un amore tra due persone dello stesso sesso è possibile e vivibile alla luce del sole, anche se non ovunque. Crediamo sia l’occasione per riconciliarsi con Giorgio e Toni per un Paese che ha tentato di occultare e cancellare l’accaduto di quel 31 ottobre scellerato di 40 anni fa e che la riconciliazione possa passare dalla volontà di non trovarsi mai più a raccontare storie come questa”.

“Onereremo con il massimo impegno e con cordiale accoglienza la richiesta di celebrazione dell’unione civile ricevuta – dichiara Angelo D’Anna, sindaco di Giarre – Sarà l’occasione per fare il punto sull’importantissimo delicato tema legato alla conquista di diritti civili e all’evoluzione e al progresso della nostra società, processo ancora in atto e che auspichiamo possa sempre più garantire il pieno rispetto della persona e della dignità che le è sempre dovuta”.

Tante le persone che si sono proposte per sostenere la coppia in questo atto d’amore, simbolico e politico, tra questi anche la stilista e fondatrice dell’atelier di abiti da sposa “More”, Morena Fanny Raimondo che donerà a Massimo l’abito per la cerimonia.“Per me è un piacere far parte di questo evento – dice la stilista di Palermo – il mio brand è da sempre vicino e sensibile a questi temi e come designer, la mia idea di moda vede prima dell’abito sempre la persona che lo indosserà con tutto ciò che rappresenta: creare l’abito da sposa per Massimo mi dà l’opportunità di confrontarmi con una storia di grande valore per tutte e tutti noi e spero di realizzare un abito all’altezza di questi principi”.