Vale la pena. La birra delle seconde occasioni

Esiste una birra buona e artigianale dal gusto originale della seconda occasione. Il marchio «Vale la pena», nato nel settembre 2014, viene portato avanti da un gruppo di detenuti del carcere di Rebibbia. Ragazzi che non solo hanno avuto la possibilità di rimettersi in gioco in modo concreto, ma anche l’occasione di imparare un mestiere che in prospettiva futura potrebbe rivelarsi quello della loro vita.

Il progetto, quindi, ideato e cresciuto grazie alla ONLUS «Semi di libertà» si è dimostrato non soltanto un esperimento ben riuscito ma un vero e proprio traguardo sociale. Non sempre una nuova chance è dunque impossibile.

Questo prodotto ad esempio rappresenta seconda possibilità per un gruppo di ragazzi detenuti (in semilibertà o con permessi speciali) nel carcere di Rebibbia che, attraverso la produzione della loro birra hanno iniziato la scalata del ritorno alla vita. L’iniziativa, cofinanziata dal ministero dell’Università e Ricerca e dal ministero della Giustizia, ha lo scopo di combattere le recidive che costituiscono una percentuale piuttosto elevata tra chi non beneficia di misure alternative. Il birrificio è collocato nei locali dell’Ita Sereni di Roma: a partecipare alle attività non sono solo i detenuti ma anche gli studenti. Questo a vantaggio di una attività non solo inclusiva ma anche di crescita condivisa. Non meno importante la partecipazione in questa catena di montaggio di alcuni ragazzi autistici, appartenenti alla «EmozioneNonHaVoce ONLUS», che si sono occupati dell’etichettatura e del packaging delle bottiglie. A testimonianza, inoltre, dell’importanza e della forza sociale dell’esperimento non hanno fatto mancare il loro contributo anche alcuni tra i più importanti birrai del nostro paese che hanno dato vita a ricette nuove.

Un’iniziativa quindi che deve far riflettere: perché chi sbaglia paga, è sempre stato così, in fondo è così che deve essere. Ma un errore è un’onta dalla quale è impossibile prendere le distanze? Un errore ci caratterizzerà per sempre senza lasciare margine alla possibilità di cambiamento?

La parola più comunemente correlata a carcere è punizione. Ma da definizione una punizione è una pena imposta a chi ha commesso uno sbaglio con l’intento di correggerlo. Ed è proprio lo scopo finale della punizione che molto spesso sfugge ai più. Paradossalmente è la correzione che immancabilmente diventa l’elemento da non tenere in considerazione. Sbagliare è grave, identificare una persona esclusivamente con il proprio sbaglio lo è ancora di più. Una seconda occasione però, a quanto pare non è sempre un miraggio. Una nuova chance in questa vicenda è diventata possibile

Questo però non è solo il racconto di un prodotto ma l’insieme di tante esperienze e vite, anche molto diverse tra loro, ed è soprattutto la storia di Mirko, che noi del “carrettinonews.it” abbiamo sentito telefonicamente:

Ciao Mirko, quando è iniziata la vostra avventura?

– nel 2014

Che mercato ha la vostra birra, viene acquistata solo nei pressi di Roma o raggiunge altre parti d’Italia?

– Abbiamo richieste in tutta Italia, bevono la nostra birra anche a Bolzano o Trento

Partecipano a questa attività solo detenuti o anche persone che hanno già finito di scontare la propria pena?

– Siamo una squadra piuttosto variegata! Ci sono anche persone che vivono momenti di difficoltà come i ragazzi che per adesso si trovano all’interno di alcune case famiglia, un altro componente del gruppo è agli arresti domiciliari e poi ci sono io che mi trovo in un regime di semilibertà. Il nostro direttore commerciale invece ha una storia del tutto diversa dalla nostra, lui è addirittura laureato alla Luiss di Roma

È molto bella l’idea di unire mondi così diversi, non trovi?

– Si molto. Anche i ragazzi della Luiss ad esempio possono fare volontariato da noi. C’è stato un evento all’università al quale hanno partecipato diverse ONLUS e parecchi studenti hanno scelto di fare volontariato da noi! Addirittura sabato 2 giugno e domenica 3 abbiamo allestito il Festival dell’Economia Carceraria organizzato dalla nostra ONLUS.

Interessante, è possibile trovare altre pubblicazioni a riguardo?

– A dire la verità il TG3 ha dedicato ampio spazio alla cosa con un suo servizio

Ma del vostro gruppo fanno parte anche ergastolani e potremmo conoscere che pensiero hai sul regime di carcere duro?

– No nessun ergastolano. Comunque chi può stabilire quanti anni effettivamente servono per ottenere una punizione che si possa classificare come giusta? Chi stabilisce il bene ed il male? Chi stabilisce che un ragazzo down sia giudicato anormale mentre io rientro nella norma? Ci sono tante cose nella vita che non sono così facili da decifrare e che risultano contrastanti, per questo sono difficili da spiegare con chiarezza. Io ad esempio ho fatto degli errori ma non ho mai fatto del male fisico a nessuno, vivo con mia nonna che ha novantacinque anni per questo non riuscirei mai ad identificarmi o provare empatia per chi fa male agli anziani o ai bambini.

“Ciao Mirko, un abbraccio e soprattutto grazie per averci raccontato una bellissima storia di seconde possibilità!”

Grazie alla «Semi di libertà ONLUS» i detenuti si sono resi protagonisti di un percorso di crescita personale e cambiamento. Attraverso il marchio «Vale la pena» hanno portato in giro per l’Italia in qualche modo anche una parte di loro stessi. Si sono potuti confrontare infatti con percorsi di vita differenti, lavorando fianco a fianco agli studenti ed ai giovani diversamente abili dell’«EmozioneNonHaVoce ONLUS». Un cammino che alla fine ha dato la possibilità a molte persone in giro per il nostro Paese di bere un sorso di condivisione vera.