Mafia e informazione. Un rapporto particolare. Quando il velo del silenzio è squarciato da qualche cronista coraggioso, si usano sempre metodi antichi e tradizionali, sulla scia del buon detto siciliano “ A megghiu parola è chidda ca nun si dici”. In Italia, i cronisti con la schiena dritta sono pochi.
Le fatiche e le inchieste coraggiose si pagano a caro prezzo, ma chi ama un giornalismo fatto di verità non può fare altro che fissare su carta le storie del malaffare, del compromesso, della democrazia distorta, senza accomodamenti e edulcorazioni. Questo è il compito, che si prefigge Antonio Mazzeo, giornalista freelance, animatore di un giornalismo audace e istrionico.
La sua penna è graffiante, tocca le corde più profonde della sicilianità, con inchieste sulle infiltrazioni mafiose, sulle deturpazioni ambientali e tutte quelle questioni che sono normalmente disprezzate dalla stampa, sia locale che nazionale.
Noi de il Carrettino delle idee lo abbiamo intervistato per offrire al lettore la faccia più recondita del giornalismo d’inchiesta.
Tu ti occupi di un giornalismo coraggioso, fatto di ricerche e scoperte eclatanti. Quanto costa fare inchiesta?
Fare inchiesta richiede uno sforzo immane, tra ricerca di documenti, elaborazioni e i vari spostamenti. Tuttavia questo è un lavoro che non ti paga nessuno. Il massimo che riesci a racimolare è pari a venti euro. Non è un caso che chi non è super pagato, come me fa un altro lavoro per mantenersi.
In Italia, impera la casta dei due nomi super pagati, che è attorniata da un’equipe, che fa sostanzialmente tutto il lavoro senza metterci la firma. Questo spiega perché nel nostro paese manca il giornalismo d’inchiesta. Manca la libertà d’espressione, però in compenso, c’è la libertà di querela. Querele che finiscono nella maggior parte dei casi con l’archiviazione.
D’altro canto l’obiettivo primario è quello di intimidire. Poi quello che è certamente più difficile è fare questo lavoro in terre ad alta concentrazione mafiosa. Molti professionisti sono stati costretti a lasciare la propria terra. Hanno perso molto anche in termini affettivi.
L’anello debole è proprio questo: Fare informazione senza alcuna protezione. Io scrivo da ben trent’anni e ho scelto volontariamente di non prendere il tesserino e iscrivermi all’Albo. Questo è uno status che non ti garantisce nulla. Però questa volta è diverso, sento la solidarietà della società civile, per il resto, mi sono sentito sempre solo.
Le tue denunce toccano temi scottanti, come ultimo il rapporto mafia-politica. Quanto pesa la zona grigia del messinese?
Pesa molto, perché i riflettori sono stati tenuti sempre spenti, tranne qualche caso- come Beppe Alfano-, la stampa nazionale non ha mai parlato della provincia del messinese. Una provincia che ha avuto un ruolo strategico. Qui abbiamo di fronte non solo una mafia che spara ma che diventa soggetto politico, economico, e ovviamente anche stragista.
È uno scandalo che un sindaco neghi un’evidenza storica. Questa è una mafia che si sta imponendo sui grandi mercati internazionali e bisogna parlarne.