Verso un’estetica del corretto

 

Appena un mese fa La Feltrinelli ha ospitato la presentazione di nuovo, quanto usuale, volume. Un evento di eccezionale affluenza e con una partecipazione decisamente eterogenea.

E di certo non poco stupirà ulteriormente sapere che il volume in questione è… una grammatica italiana!

Ma come? Ci sono presentazioni di romanzi, raccolte di poesie o di racconti quasi desolate e invece una semplice grammatica attira così tanta gente?

Be’ innanzitutto bisogna ammettere che proprio perché la grammatica è qualcosa di così familiare fin dall’infanzia, così nota e sicura, che una riscrittura di questa lascia presagire una qualche novità.

Ed in effetti Scrivere in italiano. Dalla pratica alla teoria (edizione Carocci) di Fabio Rossi e Fabio Ruggiano inverte il processo classico di apprendimento della grammatica italiana, poiché parte dall’analisi di testi (sia letterari, che fiction, che di scritture private) per risalire agli errori e soprattutto alla logica dell’errore, quindi alla regola che non appare così mera astrazione, ma esperienza consequenziale.

Seconda novità del testo è la proposta di esercizi, la cui soluzione (insieme a ulteriori quesiti) è disponibile on line: scrivereinitaliano.it, sito in cui sono disponibili anche interviste, articoli sulla lingua italiana, lasciando al visitatore l’esatta percezione della lingua come di un organismo vivo. Il volume, dunque, s’iscrive all’interno di un progetto molto più ampio che ha l’intelligenza di essere contemporaneo e di appoggiarsi ai mezzi dei nostri tempi.

Ma merito primo del progetto è quello di andare in contro a una nascosta esigenza del pubblico, la stessa che ha portato tanti curiosi alla presentazione: il desiderio di saper scrivere. Attenzione: scrivere non diventare scrittori. Già. Perché è evidente la percezione di una deriva, che porta l’italiano medio a essere insicuro già nella stesura di una semplice email formale o a tentennare in una discussione pubblica. Un disagio che lascia un senso d’inadeguatezza sociale. Dopo anni di appiattimento linguistico, fomentato da una televisione che propone modelli parlanti spesso aberranti (ben consapevole che la rozzezza verbale trascina con sé quella del pensiero), almeno l’orgoglio sembra iniziare a reagire, sebbene con scopi utilitaristici. La lingua infatti è mezzo di comunicazione che svela in profondità il parlante, molto più di un abito (che poi si sa non fa mica il monaco)… Scrivere e parlare correttamente è il modo per offrire una presentazione del proprio valore.

 

E qui l’ultimo merito dei due autori, la trasmissione – trasparente quanto nascosta – di un gusto del bello che passa da un’estetica dell’esattezza, dalla parola giusta, della struttura giusta…

Un primo e lungo passo che dalla lingua possa un giorno arrivare a contagiare l’intera società, liberandola dal suo silenzioso cannibale: la superficialità dell’approssimazione.