- di Emanuele Midolo e Francesco Sellari
Senza le risorse finanziarie negate da Visa, Mastercard, Paypal, Bank of America e Wester Union, WikiLeaks non può andare avanti. Lo ha dichiarato lo stesso Julian Assange nel corso di una conferenza stampa da poco conclusasi: “Il blocco delle donazioni è stimato attorno al 95%”. L’organizzazione si è impegnata in una nuova campagna di finanziamenti attraverso canali alternativi ed ha annunciato per novembre il lancio di un nuovo protocollo, alternativo all’Https, per la sicurezza delle transazioni on line.
Julian Assange, Kristinn Hrafnsson – giornalista d’inchiesta islandese e portavoce di WikiLeaks dal febbraio 2011 – insieme ad un rappresentante della Wau-Holland-Stiftung, fondazione tedesca che da tempo sostiene finanziariamente WikiLeaks, si sono dichiarati “costretti” ad annunciare la sospensione della pubblicazione di ulteriori documenti.
“Questo blocco è un attacco diretto a WikiLeaks. Se il blocco non finirà, WikiLeaks non potrà continuare ad operare come ha fatto finora”, ha affermato l’hacker australiano, sul cui conto pesa una richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per la pubblicazione dei cables diplomatici americani.È un’azione senza precedenti quella messa in atto da Bank of America e soci, per tagliare le gambe all’organizzazione che da tempo aveva annunciato di essere in possesso di materiale compromettente riguardante proprio la più grande banca commerciale degli Stati Uniti.
“Bank of America può permettersi, nel 21esimo secolo di negare ai cittadini un servizio fondamentale. Se fai una telefonata, o spedisci una lettera, la compagnia telefonica e le poste non possono certo rifiutarsi, non possono impedirti di usufruire di questo servizio”, ha spiegato Assange.
Il blocco del trasferimento di risorse a WikiLeaks è di fatto un attacco al diritto all’informazione dei cittadini, sostiene sempre Assange, una interferenza politica, nonché un’azione contro le migliaia di cittadini che hanno deciso di sostenere l’organizzazione, distintasi per alcuni scoop eccezionali, come la pubblicazione dei war logs riguardanti le ultime guerre Usa e la diffusione del video “Collateral Murder”.
“La media delle nostre donazioni è di 25 dollari a persona. Non riceviamo grandi somme da ricchi investitori, ma da una moltitudine di cittadini che hanno dato spontaneamente il loro piccolo contributo. Ed è per questo che WikiLeaks ha potuto finora essere un’organizzazione politicamente indipendente. Abbiamo avuto 50.000 o forse 100.000 persone che ci hanno supportato. Non abbiamo mai avuto gruppi politici dietro di noi”, ha aggiunto Assange.
Alla domanda di un giornalista, che chiedeva se la decisione di sospendere le attività riguardasse in qualche modo la vicenda giudiziaria di quest’ultimo, il portavoce Hrafnsson ha replicato: “Questa cosa non riguarda personalmente Julian, non riguarda il suo processo, riguarda la volontà, da parte di certi poteri finanziari corrotti, di bloccare il flusso d’informazioni. Si tratta di una battaglia per la libertà d’informazione”.
Per continuare la sua attività di pubblicazione e whistleblowing, WikiLeaks avrà bisogno di almeno 3,5 milioni di dollari, lo afferma lo stesso Assange ai giornalisti presenti: “Stimiamo in tre milioni e mezzo di dollari i soldi necessari per poter operare come abbiamo fatto finora. Questo grafico mostra che ci servirebbero 10 milioni di dollari (o anche più) per poter far crescere l’organizzazione. Ma 3 milioni e mezzo sono la base per poter continuare a lavorare”.
Assange e Hrafnsson hanno dichiarato inoltre di aver presentato un ricorso alla Commissione Europea, procedimento sul quale non nutrono però grandi speranze. In uno scambio di battute con una giornalista, Hrafnsson si è mostrato scettico rispetto ad un esito per vie legali:
Giornalista: “Quanta fiducia avete nel sistema?”
Assange: “Quale sistema?”
Giornalista: “Mmm, il sistema della giustizia?”
Hrafnsson: “Stiamo parlando di due imprese americane che controllano il 97% del mercato in Europa. Non credo che la Commissione Europea possa fare molto”
Assange: “Abbiamo molta fiducia nella Commissione Europea, ma francamente non credo che il problema sia specificatamente di tipo legale. Ma politico”
Inoltre Julian Assange ha annunciato per il 28 novembre, ad un anno esatto dalla pubblicazione dei cables del Dipartimento di Stato (lo scandalo cablegate), il lancio di un nuovo protocollo per garantire la sicurezza delle transazioni on line, in modo da tutelare il trasferimento di documenti riservati. “This is our alternative to this system” (“la nostra alternativa al sistema”).
“Nessuna connessione Https è sicura. Nessuna operazione per il on line banking è sicura. Le intelligence dei servizi segreti internazionali hanno infiltrato un numero talmente alto di autorità che vigilano sul controllo di queste transazioni che non ci si può più fidare di nessuno. I tentativi del Wall Street Journal e di Al-Jazeera sono lodevoli, ma non affidabili”, ha detto Assange, riferendosi ai programmi di invio di materiale sensibile (i “submission system”) realizzati dai due organi d’informazioni.
“Il nostro sistema sarà indipendente e totalmente sicuro”, ha ribadito l’attivista australiano. Ed alla domanda se può rivelare ulteriori dettagli su quella che si preannuncia essere una rivoluzione nel campo della sicurezza on line, ha tagliato con un laconico “ne saprete di più il 28 novembre”.